Come sarà la scuola a settembre? Ci saranno banchi più distanziati? Più maestri e professori? Divisori in plexiglass? Una cosa è certa: mancherà, domani come ieri, la carta igienica.
Bellissimo, il Piano presentato dal mega-manager Vittorio Colao all’esecutivo. Prevede cose da fare, stanziamenti, tempi. Perfetto per il rilancio di questo derelitto Paese. Giuseppe Conte l’ha preso nelle sue mani, ha ringraziato molto e l’ha affidato al suo collaboratore: «Mettilo nel quinto cassetto della scrivania». Ma ce ne sono solo quattro…, gli ha risposto l’altro. «Appunto».
Quando ho letto la notizia, sicuramente falsa, che Matteo Salvini non scaricherà l’app telefonica Immuni per il tracciamento del Covd, per “ragioni di privacy”, ho strabuzzato gli occhi. Di lui si sa tutto perché lo racconta proprio lui con migliaia di tweet, foto, discorsi e quant’altro: dal colesterolo a dov'è andato a passeggiare ieri con la morosa. Oppure non gli hanno ancora spiegato il significato italiano della parola privacy.
Ai tempi del lockdown più stretto, quando si iniziò a consentire alla gente di camminare all’aperto, davanti a casa mia pareva di essere in via Mazzini. Oggi che tutti possono fare tutto, la gente è tornata in via Mazzini e davanti a casa mia gira un decimo delle persone di prima. I più sportivi: quelli sopra gli “anta”. Ragazzi e giovani sono tornati agli sport preferiti: prendere il sole e bere l’aperitivo.
Ancora mi fa specie la regalìa che il governo ha dato a uno zombie chiamato Alitalia, compagnia aerea fallita da almeno dieci anni se non fosse costantemente foraggiata da soldi pubblici: 3 miliardi 200 milioni di euro. Un’enormità. O un errore: magari pensano che gli aerei vadano ad euro invece che a benzina…
Ma adesso che gli italiani stanno archiviando il Covid – che permanga o meno – e che i morti da virus non li rintracci nemmeno a pag. 16, non torneremo mica ai talk show con Salvini, Renzi, Di Maio e Zingaretti, vero? Siamo un popolo prostrato, non dateci il colpo di grazia!
Nei mesi scorsi era esploso il fenomeno “sardine”. Il loro motto era: assembramento, stiamo tantissimi in un unico posto stretti appunto come sardine. È arrivato il virus, la parola d’ordine è distanziamento sociale. Chiudendo così l’effimero fenomeno delle “sardine”. Ora tutti tonni in ordine sparso.
Parlo con un medico e mi dice che questa stagione di allergie, lo è bella tosta «perché questa primavera è una vera primavera: belle giornate non troppo calde, ogni tanto piove, insomma come dovrebbe essere». E mi rimane in testa il concetto di “vera primavera”, come se ormai non fossimo abituati alle vere stagioni, agli inverni con freddo e neve e alle estati torride con i temporali che non siano sempre uragani e bombe d’acqua. A considerare l’eccezione come normalità. Poi magari domani nevica o dopodomani ripiove la sabbia del Sahara con i suoi 35 gradi a maggio… Ma è della normalità che non facciamo più caso.
Però una Messa domenicale così... Sembrava di essere in un reparto Covid, mentre attorno c'era il carnevale di Rio. Dentro in chiesa regole ferree come se si entrasse in un luogo appestato, appena fuori il tana libera tutti. Boh.
In questo tripudio di raccomandazioni, regole, decreti e normative, e guardando invece cosa sta succedendo nelle piazze, nelle strade, nei negozi e nelle case, la considerazione che emerge è questa: o il virus c’è ancora, e tra due settimane saremo chiusi di nuovo in casa; o non c’è più e allora mascherine e guanti non servono a niente (per fortuna). È tutto come prima, con un sacco di regole da rispettare per chi lavora e una mascherina penzolante dalle orecchie per milioni di italiani.