Cinema
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Una commedia agrodolce sul lavoro

La felicità è un sistema complesso
(Italia, 2015)
regia: Gianni Zanasi
con: Valerio Mastandrea, Giuseppe Battiston, Hadas Yaron, Filippo De Carli, Camilla Martini
durata: 117 min.
Valutazione Cnvf: consigliato/problematico/dibattiti

Una commedia agrodolce sul lavoro

Si chiama Enrico Giusti il personaggio interpretato da Valerio Mastandrea, e già la scelta del cognome dovrebbe farci riflettere. Suo padre era un imprenditore, fuggito in Canada dopo aver provocato il dissesto finanziario della sua azienda. Forse anche per riparare a questa macchia di famiglia, Enrico fa un mestiere abbastanza strano: si dedica a convincere dirigenti d’azienda poco capaci, irresponsabili e immaturi a ritirarsi prima che sia troppo tardi. Lo fa straordinariamente bene, raggiungendo risultati davvero notevoli. Tutto sembra filare molto liscio, nella sua vita, fino a quando non gli vengono affidati i due figli, diciotto anni il maschio (Filippo De Carli) e tredici anni la femmina, (Camilla Martini) di una coppia di imprenditori tragicamente periti in un incidente stradale. Il suo compito dovrebbe essere quello di impedire che i due ragazzi facciano danni nell’azienda di famiglia, ma a complicare le cose arriva anche Achrinoam (Hadas Yaron), la fidanzata israeliana del suo inaffidabilissimo fratello Nicola, così la vita di Enrico prende direzioni del tutto inattese e non facili da affrontare.
Gianni Zanasi è uno dei pochissimi autori italiani di cinema contemporaneo che orienta lo sguardo delle storie che vuole raccontare su mondi autentici e riconoscibili. In particolare gli interessa il mondo del lavoro, come già aveva mostrato in Non pensarci (2008), analizzato senza stereotipi e semplificazioni, ma sempre con un occhio critico e consapevole.
Non disdegna però, senza farne la sua cifra personale, di usare anche le corde dell’ironia e della commedia, aiutato qui come nel suo precedente film, da attori come Mastandrea o Giuseppe Battiston, (che qui interpreta Carlo Bernini, una specie di alter ego più avido e famelico del protagonista), che sono davvero maestri nel contenere sempre appena sotto le righe la caratterizzazione dei personaggi che devono interpretare, permettendo in tal modo la concentrazione del pubblico sul dipanarsi della storia e non sulla bravura degli attori.
Forse c’è un po’ troppo materiale, in un film come questo: personaggi, situazioni, sequenze, musica e canzoni. Ci sono momenti in cui forse si corre il rischio di perdersi un po’. Ma arrivati alla fine, riprendendo nella mente i vari fili che si sono intrecciati, ne esce il tessuto omogeneo di un racconto amaro e tuttavia non privo di leggerezza e anche di speranza.

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