Cinema
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Con disincanto al congedo dalla vita

Domani è un altro giorno
(Italia, 2019)
regia: Simone Spada
con: Marco Giallini, Valerio Mastandrea, Anna Ferzetti, Jessica Cressy
durata: 100’

Parole chiave: Domani è un altro giorno (1), Film (109), Cinema (103)
Con disincanto al congedo dalla vita

A ben vedere di Domani è un altro giorno – frase finale pronunciata da Vivien Leigh/Rossella O’Hara in Via col vento – nel cinema italiano ce n’era già uno. Si tratta di una pellicola del 1951, diretta da Léonide Moguy, che racconta di una ragazza che non vorrebbe più vivere alla quale viene mostrata una realtà di sue coetanee che sono in situazioni ben peggiori.
Qui invece si parla di un uomo che vivere vorrebbe ancora, ma che purtroppo è nella fase finale della sua esistenza a causa di una grave malattia.
La storia originale viene da un ottimo film spagnolo, Truman – Un vero amico è per sempre (2015) diretto da Cesc Gay e interpretato da due grandi attori come l’argentino Ricardo Darin e l’iberico Javier Càmara – che in Italia non ha raccolto il successo che avrebbe meritato.
Truman era il nome del cane del protagonista, che qui si chiama Pato e appartiene a Giuliano (Marco Giallini) che convoca Tommaso (Valerio Mastandrea), che vive in Canada e ha un folle terrore degli aerei, per condividere con lui quattro giorni prima dell’irreversibile declino psicofisico.
Com’era nell’opera di riferimento, anche la versione italiana si basa sulla interpretazione dei due attori principali, che sono amici anche nella vita oltre che nella finzione cinematografica, che reggono da par loro una storia certamente drammatica, ma che viene giocata sul registro del disincanto, dell’ironia, dell’affettuoso e a momenti straziante congedo dalla vita.
La sceneggiatura originale è stata ripresa e rivista da due ottimi professionisti come Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo, già autori della fortunata e divertente serie televisiva di Boris, che si sono concentrati sulla psicologia dei due personaggi, con il vantaggio di poter lavorare quasi a calco di quella degli interpreti.
Giallini e Mastandrea, infatti, mettono in scena una sorta di moltiplicazione all’ennesima potenza di quelli che sembrerebbero essere i loro caratteri individuali: apparentemente cinico ma dotato di grande umanità il primo; partecipe alle sofferenze altrui con un rigore che ormai è diventato merce rara il secondo.
Ecco quindi che l’intero film diventa una specie di partita a ping pong fra i due, con tutta una serie di schermaglie, ammiccamenti, finte incomprensioni e manifestazioni di un’amicizia radicata nel tempo e nella condivisione sia delle gioie che dei dolori.
Quasi come l’originale di riferimento; quasi, perché nonostante gli apprezzabili sforzi della regìa e della sceneggiatura il film spagnolo ha molte marce in più, quest’opera italiana si fa ricordare per il coraggio di affrontare temi delicati e difficili con apprezzabile serietà.

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