Tra le nebbie della laguna veneta una fiction dalle tinte forti
Matteo Martari (nella foto), 37enne attore veronese, dopo il successo ottenuto con le ultime due stagioni di A un passo dal cielo, torna sul piccolo schermo con L’alligatore, serie in quattro puntate ambientata nel basso Veneto
Matteo Martari (nella foto), 37enne attore veronese, dopo il successo ottenuto con le ultime due stagioni di A un passo dal cielo, torna sul piccolo schermo con L’alligatore, serie in quattro puntate ambientata nel basso Veneto. L’artista interpreta un ex cantante che uscito dal carcere dopo avervi scontato ingiustamente sette anni di reclusione, si mette ad aiutare un contrabbandiere, suo ex compagno di cella, che indaga su alcuni fatti particolari che gli sono capitati. A ispirare la fiction sono i racconti dello scrittore padovano Massimo Carlotto, coinvolto in una vicenda di cronaca nera negli anni Settanta.
Fin dai primi episodi senza tanti preamboli si presentano scene piuttosto crude, come ad esempio quella di un giovane morto nell’atto di iniettarsi l’eroina e un duplice efferato omicidio. Il paesaggio che fa da sfondo è quello della laguna veneta caratterizzata dalla nebbia, da casolari dispersi mai pienamente illuminati dal sole. In questo scenario, dove già erano state ambientate altre serie come Nebbie e delitti, Amanti e segreti, Trenta righe per un delitto, compaiono uomini e donne che sembrano solo ombre, figure piuttosto che persone capaci di affrontare in modo normale la vita. La trama, dalle tinte decisamente forti, si svolge in una continua penombra dove molti personaggi sembrano brancolare nel grigiore interiore di un’esistenza segnata dal crimine, dai bassi istinti e da azioni malvage. Il protagonista, figlio di quella terra quasi dimenticata e che fatalmente potrebbe portare al degrado dei sentimenti, cerca con quanto lì ha imparato, di riscattarsi soprattutto mettendo al primo posto il sentimento dell’amicizia che coltiva in modo convinto anche se con qualche eccesso. Un personaggio del genere, pur nella diversità dell’ambientazione e delle storie, fa venire alla mente l’ispettore Coliandro dell’omonima serie, anch’egli eroe a tratti meschino che non riesce mai a redimersi da una vita di poliziotto che non lo soddisfa e non gli impedisce di trovarsi inetto e volgare di fronte a molti casi di lavoro. I dialoghi, pertanto, sono piuttosto stringati, sempre segnati da un velo di nostalgia e d’insoddisfazione, di acredine contro qualcuno che deve pagare per quello che ha fatto o ha in mente di compiere.
L’Auditel di certo non premia una simile storia che supera di poco il 4% di share. Questo genere nostrano di thriller, infatti, manca dei possibili effetti speciali delle serie straniere che sanno regalare, invece, una buona dose di adrenalina. Tutto qui è molto più calmo, più semplice e scontato nel meccanismo narrativo, ma al tempo stesso anche monotono e per questo risulta meno interessante.
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