Quando un incontro cambia l’esistenza
Green Book
(Usa, 2018)
Regia: Peter Farrelly
Con: Viggo Mortensen, Mahershala Ali, Linda Cardellini
Durata: 130 minuti
Valutazione Cnvf: consigliabile/problematico/dibattiti
Mi permetto un’avvertenza e un consiglio: dopo aver visto Green Book al cinema (perché lo merita come pochi altri titoli usciti in questo inizio d’anno), lo si riveda in originale. Il pur eccellente lavoro dei doppiatori italiani (Pino Insegno e Alberto Angrisano per i due protagonisti), infatti, non può rendere giustizia ad una serie di importantissime sfumature linguistiche che sono parte essenziale della storia narrata.
Tratto da una storia vera, il film racconta del viaggio intrapreso da Tony Vallelonga, detto Tony Lip (un bravissimo Viggo Mortensen che certamente ha delle opportunità di vittoria alla prossima notte degli Oscar) come autista e factotum di Don Shirley, superbo pianista di colore (un altrettanto bravo Mahershala Ali).
Sceneggiato da Brian Hayes Currie, Peter Farrelly e da Nick Vallelonga, figlio di Nick, Green Book raccoglie il meglio dei road movies americani, accompagnandoci in un itinerario che è nello spazio esteriore del Sud degli Stati Uniti e in quello interiore dei personaggi e di ciascuno di noi.
All’inizio della vicenda i due protagonisti non potrebbero essere più diversi.
Italoamericano proletario Nick, temporaneamente disoccupato dal suo posto di buttafuori in un locale notturno, che vive con la moglie Dolores (uno splendido personaggio interpretato da Linda Cardellini) e nasconde a malapena la sua insofferenza persino razzista nei confronti delle persone di colore.
Nero ma aristocratico il “dottor” Don Shirley, che abita in un lussuoso appartamento sopra la Carnegie Hall, una delle sale di concerti più famose e importanti di New York.
Vedere il bianco che guida e il nero sui sedili posteriori è scena che – siamo nel 1962 – sconcerta non poco le persone dell’uno e dell’altro colore della pelle. Il musicista ha deciso di accettare l’offerta di un tour negli Stati del Sud, che sono – e ne avrà più di una triste prova – certamente i più razzisti, proprio per darsi e dare l’occasione di un possibile cambiamento di atteggiamento.
In questa sorta di A spasso con Daisy al contrario (nel film di Bruce Beresford l’autista nero era Morgan Freeman che scarrozzava l’anziana ma vispa Jessica Tandy) i due impareranno a conoscersi, a superare le rispettive idiosincrasie (grazie per esempio al pollo fritto o agli errori di sintassi nelle lettere scritte alla moglie), alla fine ad apprezzarsi per quanto entrambi meritano.
Una sapiente miscela di ironia, dramma, indignazione, commozione, il tutto, com’è giusto, con ottimi momenti musicali (si apprezzi in particolare l’estemporanea esibizione di Don Shirley come pianista blues/rock) rende questo film piacevolissimo e intenso.
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