Il piatto era poco salato: così nacquero i meravigliosi puffi
Giochi di parole, un mondo fantasy, i buoni e il cattivo, tanto divertimento
Il gradimento dei personaggi a fumetti di solito si potrebbe catalogare in base al carattere o all’età delle persone, ma tutto decade davanti ai puffi, che tutti conosciamo e – almeno per un periodo della vita – abbiamo amato. Sono stati ideati nel 1958 da Peyo, pseudonimo del fumettista belga Pierre Culliford (1928-1992), dopo un episodio particolare: stava mangiando con alcuni conoscenti ma la sua pietanza risultava un po’ insipida; nel chiedere aiuto, una sorta di lapsus non gli fece venire in mente la parola salière (ovvero saliera) e si ritrovò a dire: «Passe-moi le... schtroumpf» (passami il puffo); per tutta risposta l’amico continuò: «Tieni, ecco il tuo puffo, e quando avrai finito di puffarlo, me lo ripufferai!». Si scatenarono le risate e il gioco di parole continuò tutto il giorno. La sera Peyo decise di inserire questo spunto in una serie animata a cui stava lavorando, John e Solfamì (nell’originale francese Johan et Pirlouit), dove i due protagonisti, in un fiabesco Medioevo europeo, erano un coraggioso scudiero al servizio del re e un buffone di corte. Immaginò che quest’ultimo entrasse in possesso di un flauto a sei fori con cui faceva comparire i puffi. Ripresi in altri episodi, divennero l’anno successivo protagonisti di una loro serie, che presto avrebbe avuto una versione animata (realizzata con la tecnica del muovere delle figure di carta su fondali) a cui seguirono molti altri fumetti, cortometraggi e lungometraggi. La loro forza sta anche nella semplicità del disegno: aspetto antropomorfo, piccole dimensioni, carnagione blu con berretto e pantaloni bianchi (per tutti tranne il Grande Puffo, vestito di rosso), casette a forma di fungo, pochi accessori a diversificarli, passo saltellato. La giornata mondiale dei puffi, che si celebra il 25 giugno – data di nascita di Peyo – ci dà occasione per sottolineare alcune particolarità meno note. Alla prima apparizione – e per parecchio tempo – erano 99, tutti calvi (motivo della loro ritrosia a togliere il cappello), anziani e maschi: solo alcune strane magie porteranno nel corso della storia al ringiovanimento di tre puffi (Naturone, Sciccoso e Sciattone) e la creazione di Puffetta, voluta dall’antagonista Gargamella per portare scompiglio e per spiarli: all’inizio era quindi cattiva e con i cappelli neri; solo dopo il suo passaggio al bene divenne bionda e le fu data l’amica Bontina. La fama e la particolarità di questi personaggi li hanno portati negli anni ad essere star del merchandising, protagonisti di un (discusso) spot belga per l’Unicef del 2005, terreno di scontro per collezionisti (l’italiano Davide Volontà dal 2017 detiene il record ufficiale di quasi 8mila esemplari) e oggetto di studio, con il grande linguista e medioevalista Umberto Eco che scrisse nel 1979 il saggio Schtroumpf und Drang sul loro modo di esprimersi, in cui “puffo” è allo stesso tempo un verbo, un aggettivo, un sostantivo e molto altro. E pensare che tutto è partito da un piatto poco salato.
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