Il momento che dedichiamo agli immensi oceani che ci insegnano il valore della reciprocità
In piena fase 2, con l’emergenza sanitaria in calo e le problematiche psicologiche in grande aumento, Alex Bellini, esploratore e realizzatore di imprese estreme, ha diffuso sui social un video che lo riprendeva in un momento di grande stress e paura...
In piena fase 2, con l’emergenza sanitaria in calo e le problematiche psicologiche in grande aumento, Alex Bellini, esploratore e realizzatore di imprese estreme, ha diffuso sui social un video che lo riprendeva in un momento di grande stress e paura. Era il 2008, stava cercando di compiere in solitaria la traversata dell’oceano Pacifico a remi e, dopo 7 mesi di isolamento, fu preso da sconforto e paura, a causa della tempesta atmosferica, oltre che quella dei suoi sentimenti.
Ha voluto condividere la sua fragilità, che lo portò qualche giorno dopo ad arrendersi quando gli mancavano poco più di 100 km sui 18mila da Lima a Sydney. A risuonare soprattutto un grido consegnato alle onde: «Io ho bisogno dell’aiuto di qualcuno, non ce la faccio da solo!».
Curioso che l’oceano avrebbe potuto dire la stessa cosa, ricostruendo un dialogo che arte e cultura da sempre hanno evocato. La Giornata mondiale degli oceani (8 giugno), ci offre un’occasione in più per ridare valore a una comunicazione reciproca basata sul riconoscimento della ricchezza e della povertà di entrambe le parti. Il grande oceano sembra consapevole della fragilità dell’uomo e offre con gratuità e abbondanza la possibilità di aria buona (assorbe il 30% dell’anidride carbonica e produce il 50% dell’ossigeno), nutrimento (il 15% delle proteine animali per 4,3 miliardi di persone), lavoro (con sempre nuove opportunità che si aprono anche per l’occupazione femminile), risorse energetiche (30% dell’olio e gas globale, senza contare quanto viene oggi ottenuto da maree, onde, correnti ed energia eolica), trasporti (90% del commercio globale) e telecomunicazioni (vi passa il 95% dei cavi).
L’uomo accoglie con riconoscenza questi doni (più del 40% della popolazione mondiale vive entro 100 km dalle acque aperte), ma non sempre si accorge e si prende cura della fragilità dell’oceano. Molte sue azioni e abitudini hanno portato cambiamenti climatici, inquinamento e depauperamento delle risorse, con conseguenze tragiche per tutto e tutti.
Solo alcuni hanno colto il grido che sale dalle grandi acque e che si manifesta in eventi estremi (uragani, tifoni e cicloni) tendenzialmente più numerosi e gravi, in acque di livello quantitativo sempre più alto e di livello qualitativo sempre più basso (aumento della temperatura, dell’acidità e dell’anidride carbonica), in pesci ogni anno più piccoli e “deboli” dato che stanno perdendo la capacità di lateralizzazione ovvero di riconoscere e scansare un ostacolo.
Gli oceani non possono salvarsi da soli e hanno bisogno dell’aiuto dell’uomo, che così potrà anche evitare le prospettate gravi conseguenze per l’economia e la società (ad esempio centinaia di milioni di sfollati dalle zone costiere nei prossimi trent’anni). Scegliere di ricostruire il dialogo tra uomo ed oceano potrà in qualche modo spezzare e rovesciare la “maledizione” antica per cui la difficoltà di relazione tra Poseidone e gli altri dei (e uomini) sarebbe il motivo di tanti disastri ambientali e sociali.
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