Dentro le pagine di un libro c’è la nostra cultura che si diffonde
Un noto professore dell’Università di Verona raccontava ai suoi studenti – compreso chi scrive – come lui avesse in casa una stanza con tutti i libri e un camino acceso: spazio limitato e così ad ogni libro nuovo serviva trovare un posto (a distanza dal fuoco proporzionale all’importanza) e, a scalare, il più vicino al camino finiva a bruciare...
Un noto professore dell’Università di Verona raccontava ai suoi studenti – compreso chi scrive – come lui avesse in casa una stanza con tutti i libri e un camino acceso: spazio limitato e così ad ogni libro nuovo serviva trovare un posto (a distanza dal fuoco proporzionale all’importanza) e, a scalare, il più vicino al camino finiva a bruciare. Un modo per lui di sottolineare come il libro cartaceo di proprietà sia un feticcio: in teoria ci sono molti altri metodi (come il prestito bibliotecario) e altri strumenti (come e-book e audiolibri), ma per noi – italiani soprattutto – non sono la stessa cosa.
L’Associazione italiana editori ha dichiarato che, nel 2019, circa il 65% degli italiani ha usufruito almeno di un libro; il 3% solo attraverso e-book o audiolibri. Il 14% rientra nei “lettori forti”, categoria che acquista in media 13 libri all’anno e genera il 40% del mercato librario in Italia, legato ancora molto alla piccola distribuzione.
Nelle varie fasce di popolazione, i migliori lettori – per piacere e non per dovere – sono i ragazzi dai 6 ai 19 anni, soprattutto dove in casa ci sono libri e i genitori leggono.
Per incoraggiare la lettura e valorizzare il ruolo degli autori, l’Unesco ha proclamato il 23 aprile come Giornata mondiale del libro, a cui è stato legato anche il diritto d’autore, ovvero la protezione della proprietà intellettuale. La risoluzione internazionale del 1995, in realtà, andava a riprendere – su proposta di dodici Paesi – una tradizione catalana (promossa dallo scrittore, libraio e editore Vincent Clavel Andrés) che il re spagnolo Alfonso XIII aveva reso nazionale nel 1926. Da subito l’idea fu di associarla alla data di nascita del più grande scrittore spagnolo, ovvero Miguel de Cervantes (1547-1616), autore universalmente noto per il Don Chisciotte della Mancia e non solo.
Si stabilì così il 7 ottobre, salvo poi scoprire che in realtà nacque il 29 settembre; ad ogni modo, nel 1931, la Giornata fu spostata al 23 aprile, che era già un giorno speciale in Catalogna perché festa del patrono san Giorgio e occasione in cui fin dal Medioevo ogni catalano regala una rosa alla sua donna (oggi lo fanno i librai per ogni libro venduto in quel giorno).
A questi motivi si univa il fatto che quella data e addirittura lo stesso anno, 1616, era comune per la morte proprio di Cervantes e di un altro pilastro della letteratura in lingua spagnola ovvero il meticcio Garcilaso de la Vega, nato in Perù nel 1539. Il 23 aprile 1616 è indicato anche come data di morte di William Shakespeare, ma solo perché in Inghilterra era ancora in vigore il calendario giuliano.
In ogni caso è l’occasione per sottolineare l’importanza del libro stampato, rifacendosi anche alla massima latina verba volant, scripta manent. Senza però dimenticare l’altra faccia della medaglia; non basta avere la storia o la notizia più bella e importante di tutte, nemmeno che qualcuno la scriva, neanche che ci sia chi la legga: se non c’è qualcuno che la diffonde, rimane bloccata!
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