La legge riformatrice che portò alla nascita della Polizia di Stato
Michele Di Giorgio
Per una polizia nuova
Viella Libreria Editrice
Roma 2019
pp. 304 – Euro 29
Sono passati otto lustri dal quel 14 ottobre 1980, giorno in cui quarantamila quadri della Fiat manifestarono per le strade di Torino in segno di protesta contro i picchettaggi che da 35 giorni impedivano loro di entrare in fabbrica. La manifestazione, vista come l’inizio della frattura dell’unità tra i salariati del ceto medio (i cosiddetti colletti bianchi) e quelli della catena di montaggio (tute blu), rappresenta pure la fine di quegli anni Settanta di lotte sindacali che chiedevano un reale cambio nelle relazioni tra lavoratori e vertici datoriali.
In realtà, per chi era rimasto indietro, c’era ancora uno spicchio di decennio per la conquista di diritti prima negati: il 10 aprile 1981, il supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale numero 100 pubblicava la legge 121 che, nel riformare l’amministrazione della Pubblica Sicurezza, istituiva la Polizia di Stato, forza civile ad ordinamento speciale, con la possibilità per il personale di costituire ed aderire a sindacati.
Il percorso per arrivare a questa innovazione normativa, che taluni ritengono di gran lunga la più originale fra tutte quelle che il legislatore ha emanato tra il 1977 ed il 1986, non fu però né semplice, né condiviso, come spiega Michele Di Giorgio nel suo Per una polizia nuova. Il movimento per la riforma della Pubblica Sicurezza (1969 – 1981).
Grazie ad un notevole lavoro di ricerca, Di Giorgio ricostruisce la storia dei “carbonari” del Corpo che, anche pagando di persona, fattivamente contribuirono a conquistare una dimensione socio-culturale ben diversa da quella del fante-contadino arruolatosi per sfuggire alla miseria del secondo dopoguerra. Nel ricostruire le vicende di questi “eroi senza medaglia”, come ebbe a definirli Franco Fedeli, il giornalista che diede un contributo fondamentale al varo della legge 121, l’autore fornisce anche una descrizione della Pubblica Sicurezza di quegli anni, con interessanti accenni ad analisi indirette sulla sicurezza che le forze dell’ordine, soprattutto nel decennio 1970/1979, facevano fatica a garantire (è il caso, ad esempio, dei film “poliziotteschi” con protagonista il commissario Mark Terzi).
Mancano invece dei cenni a quelli che possono esser considerati i prodromi di un malcontento che, in realtà, non riguardava la sola polizia e che aveva radici lontane, ed al lavoro svolto, immediatamente dopo la riforma, per implementare la quantità e la qualità dei lavori sull’argomento. Nel complesso, però, il libro di Di Giorgio rappresenta un utile strumento per chi voglia ripercorrere le vicende che hanno portato alla legge 121/1981 e pure alla sua parziale attuazione.
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