Fedeli, giornalista di razza dalla parte dei poliziotti
Michele Di Giorgio (a cura di)
Polizia, società e politica nell’Italia repubblicana. Gli editoriali di Franco Fedeli (1973-1997)
Unicopli, Trezzano sul Naviglio (MI) 2023
pp. 564 - euro 38
Più che una raccolta, un restauro non dichiarato. Che, in quanto tale, parte dal riconoscimento dell’opera nella sua consistenza sociologica e storica, e dalla necessità di una sua trasmissione futura. È il principio che ha guidato Michele Di Giorgio, curatore di Polizia, società e politica nell’Italia repubblicana. Gli editoriali di Franco Fedeli (Unicopli, 2023, pp. 564, euro 38).
La teoria del restauro non dichiarato di Di Giorgio punta a preservare l’attività di un giornalista d’altri tempi che in quei tempi si è messo in ascolto dei reietti della società di allora, i poliziotti, aiutandoli a rinnovare la loro amministrazione sino ad arrivare alla legge 121 del 1981. Una legge innovativa per quegli anni, che ha istituito la Polizia di Stato senza più stellette e con i sindacati.
Gli editoriali sono quelli scritti nelle tre riviste dirette da Fedeli tra il 1973 e il 1997 e nel trattare di delinquenza, sicurezza, forze dell’ordine, magistrati, diventano una chiave per indagare la Storia, ma anche il volto criminale della Storia, quella italiana, costellata da stragi, abusi, corruzione, evasione fiscale, resistenza al nuovo.
Il giornalista Fedeli ha sempre puntato sui temi polizieschi e criminali per indurre i lettori a non smettere di riflettere sui capitoli più scomodi della Storia nazionale. Anche per questo gli editoriali mostrano una freschezza ed un’attualità sorprendenti, come se i quasi 25 anni trascorsi dal 1973 al 1997, anno della sua scomparsa, siano inutilmente passati.
Di Giorgio ha scritto la premessa e la parte biografica, ma il libro si avvale anche dei contributi della vedova di Fedeli, Angela Boggioni; di Felice Romano, segretario generale nazionale del Siulp (che ha finanziato la pubblicazione) e di tre pubblicisti veronesi: Michele Turazza, Marco Scipolo ed Antonio Mazzei, collaboratore di vecchia data di Verona fedele. Mazzei è l’unico, oltre alla vedova, ad aver conosciuto personalmente Fedeli che ha anche intervistato sui temi della sicurezza per questo settimanale.
C’è, nelle pagine dedicate da Mazzei a quello che lui chiama il Direttore, una nostalgia per un giornalista ante social, quando non si viveva una bulimica diffusione di notizie sincopate, ma si attendeva il pacato approfondimento dei fatti sulla carta stampata. Fedeli, proprio per aver scelto di aiutare i poliziotti ascoltandoli, proprio per aver iniziato la professione come fotoreporter, proprio per aver deciso di fondare e dirigere mensili che trattavano tematiche delicate legate alle divise e a coloro che le indossano, era innanzitutto un giornalista di razza, che vedeva e leggeva con i propri occhi e che con quella carica emotiva che aveva acquistato mettendosi dalla parte dei poliziotti andava in redazione a scrivere i suoi editoriali. Oggi come ieri attuali e mai scontati.
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