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La morte di Annarumma, un caso aperto

Cesare Vanzella
Il caso Annarumma. La rivolta delle caserme e l’inizio della strategia della tensione
Castelvecchi – Roma 2019
pp. 156 – Euro 17,50

La morte di Annarumma, un caso aperto

19 novembre 1969. A Milano è in corso lo sciopero nazionale per la casa. Al termine della manifestazione, polizia e dimostranti si scontrano presso il Teatro Lirico. Gli scontri si estendono alla vicina Università statale. Durante una delle cariche della polizia “muore, non si saprà mai come, l’agente Antonio Annarumma, povero ragazzo di Monteforte Irpino che guidava un gippone”. Scriveva così nel 1977 il giornalista Fabio Isman nel suo I forzati dell’ordine. A distanza di 42 anni un altro giornalista, Cesare Vanzella, già direttore del periodico Polizia e Democrazia, ha cercato (senza successo) di cancellare quel “non si saprà mai come” dando alle stampe Il caso Annarumma. La rivolta delle caserme e l’inizio della strategia della tensione, pubblicato per Castelvecchi nel 2019.
Intenzionato ad analizzare scrupolosamente gli atti disponibili e recuperando testimonianze inedite, Vanzella fa partire da quest’episodio sia gli anni di piombo, sia i prodromi di quella legge che nel 1981 ha portato alla nascita della Polizia di Stato, amministrazione civile e sindacalizzata.
La legge 121 di riforma della Pubblica sicurezza ha dunque origine anche da quel 19 novembre, giorno di feroci tensioni. Nella caserma “Sant’Ambrogio”, dove era di stanza Annarumma,  quando la sera i poliziotti del III reparto celere vengono informati della morte del loro collega, la situazione diviene a tal punto ingovernabile che il generale Giovan Battista Arista, ispettore della polizia stradale per l’Alta Italia, viene spinto fuori dalla caserma e deve essere difeso dagli ufficiali con i mitra imbracciati. Nei giorni successivi la protesta dilaga in altre caserme: i lavoratori in divisa chiedono turni meno pesanti, un vitto migliore e paghe più alte (Annarumma  percepiva una retribuzione netta di 82.630 lire mensili). Il 1969, d’altra parte, impone alle forze dell’ordine uno sforzo immane: i morti durante gli scontri di piazza sono quattro (tre dimostranti e, appunto, Antonio Annarumma) e 145 attentati.
La pentola della violenza bollirà ancora per diversi anni, facendo registrare, dal 1969 al 1988, 370 vittime, di cui 78 appartenenti alle forze dell’ordine. Per molti di loro non esiste ancora “una verità accettabile”, come affermato da Vanzella. Se alcune vittime di quegli anni sono ricordate con eventi annuali o targhe nelle piazze, per Antonio Annarumma, in quella via Larga dove ha perso la vita, non c’è nulla. “Un morto da dimenticare e dimenticato in fretta. Un morto di serie B. D’altronde era solo una guardia”, conclude amaramente l’autore.

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