L’amore spento rifiorisce se ci si pone in ascolto del partner
Matteo Bussola
L’invenzione di noi due
Einaudi – Torino 2020
pp. 216 – Euro 17
Che cos’è l’amore, se non una straordinaria “invenzione”? L’invenzione di quel noi, che fuori dal proprio sé rimarrebbe ‘soltanto’ un “tu più io”. Che è forse l’errore più comune di tante coppie.
È proprio così, infatti, che spesso si giunge all’inevitabile strappo: vivendo la relazione come una sorta di somma algebrica; proiettando quel soggetto plurale così prodigiosamente nato da uno scambio di sguardi e felici alchimie, in un mero processo addizionale, anziché rivestirlo di un’identità sua propria, amalgamando gli ingredienti migliori di ciascuno in una ricetta nuova. Unica ma mai scontata. Capace di reinventarsi ogni giorno.
Sortisce queste e tante altre suggestioni l’ultimo libro di Matteo Bussola, L’invenzione di noi due, che racconta “come tramutare l’amore in cenere e poi la cenere, di nuovo, in amore”, scrive l’autore, nel testo voce narrante di Milo, sposato con Nadia da 15 anni, e a lei legato da un amore forte, quanto sciupato e ambiguo, “ma indispensabile, come ogni relazione capace di cambiarci la vita”.
Dalla routine si passa al darsi per scontato. Dal darsi per scontato al non ascoltarsi più. Come se l’altro non avesse più nulla da dirci. E la conoscenza si fosse tutta esaurita. Nadia, abile scrittrice, appare spenta, sempre più distratta e assente. Priva, ormai, dell’ardore che tanto aveva sedotto Milo. Il quale, a sua volta, sembra arrendersi all’evidenza di un naufragio sentimentale. Fino al “colpo di genio”, probabilmente neanche tanto cercato: comunicare con lei sotto mentite spoglie. Fingendosi un altro. Ne nasce una fitta corrispondenza via mail, che giorno dopo giorno, riaccende entrambi. L’artifizio pare funzionare.
Il codice epistolare – una sorta di maschera catartica – fa breccia nell’animo sopito di Nadia, molto a suo agio con questo sconosciuto oltre lo schermo, al quale rivela cose di sé di cui aveva lasciato all’oscuro persino l’uomo con cui condivideva la quotidianità. Il segreto sta tutto in una semplice, banale pratica: l’ascolto. Quello che una volta sotto lo stesso tetto, inghiottiti da intensi ritmi di lavoro e trincerati dietro lo status quo di un anello, col tempo non ci concediamo più.
Un racconto intimo, quello di Bussola, ma anche pop. Nel quale potranno ritrovarsi in tanti. E che, fuori da ogni stereotipo psicologico-sentimentale, mette a nudo una diffusa verità. Consegnandola a una narrazione fluida, capace di tenere sulla corda fino alla fine, consentendo al lettore di immedesimarsi nei personaggi, con l’onestà di non prender parte né per l’uno né per l’altra.
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