Dal baule dei ricordi poesie e brevi racconti
Bruno Castelletti
(Bruno da Orsa)
Il prato dei ricordi
Gabrielli editori
San Pietro in Cariano 2020
pagg. 128 - Euro 15
Il visitatore che si fosse inoltrato tra i casolari sperduti della Valle dell’Orsa, a Ferrara di Monte Baldo, nei primi anni ’50 del Novecento, si sarebbe stupito non poco a scorgere in un’abitazione modesta, tra capre e vacche al pascolo, un vocabolario di greco. Apparteneva a Bruno Castelletti, che sarebbe poi diventato un avvocato e un protagonista della politica locale, fino alla carica di presidente della Provincia negli anni ’80. Negli ultimi anni, Castelletti, con lo pseudonimo Bruno da Orsa, ha sentito rifiorire la vena della poesia. Dal 2010 è stato un susseguirsi di pubblicazioni: prima Stéle da Orsa, poi Robe da ciodi e sbaci de seren; infine, il prato dei ricordi del ’20, tutte edite da Gabrielli. I primi libri sono scritti nel particolare vernacolo veronese parlato sul versante orientale del Monte Baldo: per Castelletti la lingua nativa è indispensabile per raccontare quel mondo, perché è la lingua della realtà, che non può essere raccontata in modo diverso. Egli sa, come Noventa e Marin, che non esiste la poesia in dialetto, ma la poesia e basta e il compito del poeta è quello di obbedire alla realtà e di cantarla con quell’Amore che “ditta dentro”, come diceva Dante. Il terzo libro, Il prato dei ricordi, utilizza la lingua nazionale ed è una raccolta di poesie scritte in anni diversi; si arricchisce anche di tre brevi “racconti verità”, di matrice autobiografica, in cui Castelletti dà prova di una forza narrativa rapida e precisa, tanto che non ci stupiremmo se il prossimo libro volgesse verso la misura del racconto, da attingere ancora dal pozzo della memoria. Castelletti, una volta riaperto il baule dei ricordi, non fa più distinzione di generi, risolvendo di cantare il tempo ritrovato nella felicità di situazioni colte sia dal mondo fisico sia da quello interiore: così è significativo il titolo Il prato dei ricordi, a suggerire un’intensa chiave interpretativa. Il nitore classico delle immagini convive con lo scorrere del tempo: “Come bianche barchette / vanno i gabbiani / lasciandosi cullare / dall’acqua verde-chiaro / che lentamente corre verso il mare” con un senso dell’eterno fluire che fa pensare a Marin, oppure alla chiarezza e alla profondità di Saba. Ma è il Castelletti narratore a riservarci le sorprese più gradite. Al sapido e lieve racconto Il ballo della contessina segue Pantagruel, tragica rievocazione di un episodio della guerra partigiana, che non risparmiò la Val d’Orsa; a chiudere il racconto più autobiografico, La valigia di cartone, tramato dei ricordi del giovane avvocato, in cui vibra il senso di giustizia che ha animato l’impegno civile di Bruno Castelletti.
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento