La politica ormai ancella di tecnica e tecnici
Scriveva Platone, parlando della politica, che essa “conosce ciò che è meglio e perciò è capace di far trionfare ciò che è giusto”...
Scriveva Platone, parlando della politica, che essa “conosce ciò che è meglio e perciò è capace di far trionfare ciò che è giusto”. Se la tecnica dice come fare le cose, la politica dovrebbe dire se e perché farle. Così pensava lui. Con buona pace di Platone, è da tempo ormai che la politica si muove sotto la spinta della tecnica, dando una pedata nel sedere a una visione antica in cui erano gli uomini pensanti a fare la differenza, ma anche a quell’idealismo moderno, partito dalla Rivoluzione francese, secondo il quale sarebbe stata la ragione a risolvere tutti i mali del mondo. Ma ci è bastata la Shoah e il comunismo, con i suoi milioni di morti, a farci capire quanto sia fragile la ragione umana.
Morto Platone e seppellita l’idea che sia la ragione il motore di tutto, oggi la politica sembra non avere più bisogno dell’uomo. Che sia di destra, di centro o di sinistra, sono la finanza e l’economia a dettare le leggi che regolano la vita degli Stati e dei loro governi. In questi giorni le agenzie internazionali, da Fitch a Moody’s, passando da Sdandard & Poor’s, stanno dando le pagelle all’Italia. E sappiamo bene che anche un più o un meno sono in grado di spostare investimenti, creare crisi economiche, recessioni dagli esiti imprevedibili.
La politica, con i politici di ogni colore, deve prendere atto di questo e adeguarsi di conseguenza, per applicare tutte le tecniche possibili allo scopo di evitare di finire rimandati a settembre. Tutto questo per dire che l’umano è scomparso dalla politica. Essa si è ridotta a tecnica, si è disumanizzata. E non illudiamoci se in piazza Salvini o la Schlein, Calenda o Fratoianni, solo per fare qualche nome a titolo di esemplificazione, vengono a proporci le loro ricette magiche per risolvere i problemi. I loro sono populismi di diversa colorazione, finalizzati allo scopo di ottenere il consenso che consegni loro il potere. Ma si tratta solo di populismi, carezze alla pancia della gente, sapendo bene che, chiunque vada al potere, dovrà consegnare la politica alle regole della tecnica. Quella finanziario-economica, con i grandi giochi che le super potenze fanno sullo scenario internazionale.
Dire che la politica è diventata tecnica è come dire che la tecnica funziona grazie a regole, in questo caso quelle della burocrazia. Da più parti si parla di una sua semplificazione, ma la cronaca sembra smentirci giorno dopo giorno.
Apprendo che tra poco potrebbero sparire dalla scuola i distributori di merendine, presenti ormai in tutti gli istituti. Dal 1° luglio è entrato in vigore il nuovo Codice dei contratti pubblici, dove vengono date precise disposizioni sui contratti di appalto, ai quali deve sottostate anche la scuola in qualità di pubblica amministrazione. Per essere giudicati idonei a tenere le famose macchinette, bisogna raggiungere almeno 35 punti, che vengono attribuiti in base a molteplici condizioni. Tra le altre, il fatto che la scuola abbia una piattaforma digitale per i contratti. Inoltre il punteggio aumenta se tutto il personale di segreteria è laureato. La media dei punteggi oggi ipotizzabile è di 10 punti. E allora? Viva la tecnica e la burocrazia, con buona pace dei ragazzi e delle loro merende. L’esposizione della tesi di laurea di qualche addetto di segreteria potrà sempre diventare l’alternativa nei tempi liberi della ricreazione.
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