Alla scoperta di Dante per indagare l’uomo e la sua complessità
L’anno prossimo, tra il 13 e il 14 settembre ricorderemo i sette secoli dalla morte di Dante Alighieri, avvenuta a Ravenna nel 1321. Un anno prima, il 20 gennaio, nella piccola chiesetta di Sant’Elena, a fianco della Cattedrale di Verona, aveva discettato sulla famosa Quaestio de aqua et terra, una disputa in cui da vero scienziato contestava le teorie di chi sosteneva che, per effetto dell’attrazione lunare, le acque in alcune fasi fossero più in alto delle terre asciutte.
L’anno prossimo, tra il 13 e il 14 settembre ricorderemo i sette secoli dalla morte di Dante Alighieri, avvenuta a Ravenna nel 1321. Un anno prima, il 20 gennaio, nella piccola chiesetta di Sant’Elena, a fianco della Cattedrale di Verona, aveva discettato sulla famosa Quaestio de aqua et terra, una disputa in cui da vero scienziato contestava le teorie di chi sosteneva che, per effetto dell’attrazione lunare, le acque in alcune fasi fossero più in alto delle terre asciutte.
Sette secoli dalla morte vedono un grande fermento di iniziative da parte delle singole città che lo videro protagonista, amato od odiato, per via delle vicende politiche che laceravano l’Italia di quel tempo. Qualche volta si tratta di iniziative finalizzate a scoprire la figura e l’opera del grande poeta, qualche altra volta più attente ad accendere la miccia del richiamo turistico.
Anche la Biblioteca Capitolare di Verona, la più antica al mondo, si mette sulla scia di questa memoria. E lo fa rivisitando i preziosi codici che possano essere stati di ispirazione all’opera da lui composta e qui consultati nel suo lungo soggiorno veronese.
Divina la chiamano, ma in origine non era stato così. Dante titolò la sua opera semplicemente Comedia, secondo l’etimologia greca che attribuisce a questa parola il significato di Canto del villaggio. Sarà di lì a qualche anno che Boccaccio, nel suo Trattarello in laude di Dante, gli attribuirà la qualifica di divina, giusto per indicare che solo una mente celestiale avrebbe potuto assurgere a simili livelli. Che Dante avesse voluto raccontare tutte le vicende umane e non solo l’aspetto religioso, come si è finito per credere con una certa lettura moralistico-teologica, l’ho costatato assistendo ad una lezione di un professore americano dell’Università di Princeton. Insieme a trenta laureati di tutte le parti del mondo, esperti di Dante, il professore iniziò la sua lezione chiedendo quali fossero stati gli interessi che li avevano spinti a studiare la Comedia. Fu un caleidoscopio di risposte. Chi era appassionato di politica, chi di astrologia, chi di occultismo, chi di teologia, chi della violenza umana, chi dell’amore... Alla fine, la conclusione del professore fu lapidaria: per ragioni diverse nella Comedia ci siete dentro tutti. Essa è l’evocazione di quanto passa nel cuore umano, sia pure illuminato dalla speranza della espiazione e della redenzione.
Sono sempre più convinto che la crisi del nostro tempo, crisi antropologica prima ancora che teologica ed economica, possa essere superata in primo luogo con la cultura. A chi volesse credere che sia l’economia l’unica risposta ai problemi contemporanei, andrebbe ricordato che è solo creando nuova sensibilità culturale che andremo a fare uomini e donne diversi. Cito spesso l’aforisma di Oscar Wilde il quale, più di un secolo fa, sosteneva che il capitalismo conosce il prezzo di tutto e il valore di niente. Penso allora ai tanti musei e alle biblioteche che punteggiano il territorio. Non necessariamente strutture di prestigio. Immagino le piccole biblioteche di paese o diocesane, dove ancora è possibile pensare ad incontri tematici in cui fermarsi a riflettere. Sento già l’obiezione dei delusi dalla poca frequentazione, dimenticando che è sempre un po’ di lievito nascosto che fa fermentare il tutto. È invece urgente fermarsi per ripensare in termini intelligenti ciò che accade oggi nel villaggio degli uomini. Dalla politica all’arte, dalla fede alle passioni umane... Temi comuni a tutti i tempi, sottratti finalmente alla logica del gossip e a quella fegatosa dell’antagonismo politico.
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