L’amico Bepo Merlin, sull’onda di una sua rassegna personale di “amici e maestri” in cui allinea don Gino Oliosi, don Lino Beghini, don Giovanni Giusti e il professor Emilio Butturini («Direte: ma sono quasi tutti preti! Ho avuto la fortuna di trovare molte brave persone!») mi spinge a ricordare una stagione straordinaria che negli anni ’70 ebbe come scenario la casa dell’Azione Cattolica a San Giovanni in Loffa.
Dalla fine degli anni ’70 in poi, nella provincia di Verona pullulavano i concorsi di poesia dialettale. Organizzati da comitati, associazioni culturali, parrocchie e circoli ricreativi avevano dato luogo ad un fecondo scambio di relazioni fra poeti e poetesse in lingua e in vernacolo...
Scrivo queste note con un grave senso di afflizione, avendo trascorso tutta la vita nelle Istituzioni. Una caserma sequestrata, per quanto l’effetto possa essere attenuato, è un macigno sulla strada della credibilità dell’Arma...
Ci sono date o eventi, grandi e piccoli, che cambiano la vita. Nel mio piccolo è capitato quasi 30 anni fa, nel giugno del 1991, quando per un caso fortuito (o provvidenziale?) sono entrato nella famiglia di Verona Fedele, di cui sono, al momento, uno dei corrispondenti con la maggiore anzianità di servizio...
Nell’area triestina, così apparentemente lontana, eppure profondamente intrisa di un’italianità aperta al contatto col resto d’Europa, vi sono tre figure che hanno testimoniato fino in fondo questa appartenenza in un intreccio di amicizie, studi, ideali vissuti e pagati a caro prezzo...
Uno nella vita deve fare i conti con molti padri. C’è il papà che ci ha dato la vita e che fortunatamente, come nel mio caso, coincide perfettamente con l’idea di padre premuroso, sollecito, rispettoso della libertà di crescere dei figli, aperto ad una confidenza intima in uno scambio di affetto infinito, che continua anche ora, a quasi trent’anni dalla sua scomparsa...
Molti anni fa cominciai a scrivere a Mario Rigoni Stern (Asiago 1921-2008). Lo avevo letto tardi, ma ero rimasto affascinato dal suo primo famosissimo racconto...
“Infandum regina iubes renovare dolorem” (Virgilio, Eneide, II,3, Einaudi, 1991) (“Regina, mi comandi di rinnovare un dolore che le parole non riescono ad esprimere”, traduzione mia): comincia così il celeberrimo secondo libro dell’Eneide di Virgilio, quando Enea, arrivato sulle coste dell’Africa, dopo una violenta tempesta, è accolto con i suoi dalla regina Didone, in nome della legge dell’ospitalità, sacra nel mondo antico, secondo cui lo straniero è prezioso dono degli dei...
Non sempre gli autori riescono a trarre il giusto profitto dalle loro opere. Anche Alessandro Manzoni, prima che in Italia venisse introdotta la legge sul diritto d’autore, dovette difendersi, ma fu una battaglia perduta, dalle copie pirata del Romanzo...
Nel bel mezzo del secondo Ottocento, a Italia riunificata, bisognava affrontare il problema di “fare gli italiani”, come disse Massimo D’Azeglio. Una situazione da far rabbrividire perché gli italiani non esistevano: c’erano regioni con lingue, monete, governi, economie, situazioni diversissime tra loro...