Scrivere insieme il futuro
La sfida più grande che abbiamo di fronte nel pensare e costruire il periodo post pandemico è la capacità di avere una visione di futuro...
La sfida più grande che abbiamo di fronte nel pensare e costruire il periodo post pandemico è la capacità di avere una visione di futuro.
A livello locale, nazionale e globale, come sul piano sociale, politico ed economico, siamo prossimi ad una congiuntura di appuntamenti e di scelte che contraddistingueranno nuove opportunità e orientamenti. Tutto può andare in una direzione, ma anche in un’altra.
Cosa vuol dire una visione di futuro? Significa anzitutto prendere coscienza che ciascuno di noi agisce, re-agisce, decide, cambia… (solo) a fronte di una promessa. Abbiamo bisogno di una visione a cui dar credito, un’immagine prospettica che autorizzi la volontà a prendere decisioni. Una visione autorevole perché degna di fiducia. Un pensiero che si riorganizza e soprattutto riordina la gerarchia tra mezzi e fini.
Oggi ancora oscilliamo tra una società formale del controllo e una società che si ricostruisce in modo reticolare, intelligente e sociale perché condivide una visione. La partita si giocherà su questo crinale. In momenti storici come questo, tutti avvertiamo l’impellente necessità di coltivare e di affidarci ad una promessa. È come se dovessimo costruire un ponte tra il qui-ora e un avvenire che ancora non c’è. E che non può essere una fotocopia o una riedizione del passato. Ma questo ponte si appoggia solo sulle spalle di chi custodisce una speranza.
Certo, l’emergenza pandemica con lo scenario che si presenta è di lunga durata. Dovremo convivere a lungo con il rischio. E persino con la memoria del rischio. Servirà del tempo. Impareremo a vivere diversamente. Non sappiamo ancora come, ma sappiamo che sarà così.
Se ci chiediamo perché l’Italia sia stata così colpita da Covid-19, possiamo trovare una gamma molto ampia di risposte: l’inquinamento, il clima, le quarantene tardive. Possiamo alimentare polemiche o scegliere banali, anche se comprensibili, scorciatoie cognitive. Ma per Jennifer Dowd, dell’Università di Oxford che con dei colleghi ha condotto uno studio accurato sull’epidemiologia del contagio nel Nord del nostro Paese, la ragione di fondo è un’altra ed è strutturale, non contingente: sta nella natura del nostro legame sociale. Poiché il contagio ha a che fare con il contatto; società ad alto contatto fisico come le nostre sono tra le più esposte alla velocità di diffusione del virus. Questo è un aspetto che non va dimenticato. Ma il contatto, la relazione sociale può rappresentare un’inestimabile risorsa se sapremo insieme scrivere le parole del nostro futuro.
Ci troveremo a ricostruire, ma non ci saranno macerie. Le macerie le porteremo dentro. Per questo il nostro compito è iniziare subito a immaginare e progettare il futuro. Forse per la prima volta, in modo diffuso e capillare, capiamo davvero cosa significhi vivere nella società del rischio. Da sempre le società umane vanno avanti coltivando relazioni solidali come risposte alle spinte primordiali. Come reazione alla nostra paura.
Supereremo la paura e la diffidenza se capiremo che i rischi che stiamo vivendo riguardano tutti e si risolvono solo potenziando il “noi”. Il programma che la Fondazione Toniolo vuole offrire alla diocesi e alla città, nel prossimo anno culturale muove dalla sempre più sentita necessità di “scrivere insieme le parole del futuro”.
Con questo obiettivo abbiamo progettato un ciclo di incontri con testimoni e maestri, ricerche e confronti, per mettere a fuoco i nuovi contorni di quel peculiare rapporto fra mezzi e fini, fra oggi e domani, fra ciò che è già e ciò che è promessa. E alla fine fra generazioni. Perché il futuro poggia sulle spalle di chi coltiva speranze.
* Presidente Fondazione Giuseppe Toniolo di Verona
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