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Radere al suolo le scuole paritarie

Lo sappiamo tutti: è cosa buona e giusta non dare un euro alle scuole non statali, farle chiudere, raderle al suolo, spargerci sopra il sale affinché la malapianta non cresca più...

Parole chiave: Editoriale (407), Scuole (9), Insegnanti (6)

Lo sappiamo tutti: è cosa buona e giusta non dare un euro alle scuole non statali, farle chiudere, raderle al suolo, spargerci sopra il sale affinché la malapianta non cresca più. Solo una considerazione a margine: ma in una scuola non statale quanti mesi sarebbe durata quell’insegnante che, a Chioggia, si è fatta vedere in aula 4 anni su 24 di stipendi incassati, e in quei 4 anni ha fatto rimpiangere le sue assenze? Quale preside di vituperata scuola non statale avrebbe tenuto una docente che non veniva mai, non si preparava mai, che faceva lezioni a casaccio, che appariva proprio inadatta al suo ruolo e lasciamo stare la sua capacità di rapportarsi con gli studenti? Quale istituto non benedetto dalle stimate statali avrebbe chiuso un occhio – poi tutti e due – sulla valanga di certificati medici, le prolungatissime assenze, la qualità dell’insegnamento già giudicata insufficiente da precedente ispezione ministeriale, che però non mosse dito “perché non si può valutare tutto ciò in 3 giorni”?
E perché questa pecora nera (non l’unica: tutti coloro che hanno avuto figli transitati dalle scuole, avrebbero aneddoti in merito da raccontare)  ha potuto danneggiare intere generazioni di studenti che a scuola ci vanno appunto per imparare qualcosa da docenti pagati con le nostre tasse? Perché, quando un insegnante entra di ruolo, o un lavoratore vince un concorso pubblico, la valutazione di lavoro e merito  è assolutamente inesistente? In quale azienda privata accade ciò?
Quindi giustamente abbattiamo con le ruspe le scuole paritarie, che non permettono simili imboscamenti e una qualità-quantità del lavoro miserrima. Il livellamento verso il basso è una grande conquista sindacale degli ultimi decenni (la scuola di un tempo non era così). Una cosa che non va bene a nessuno, salvo a certuni che ne approfittano alla grande: ma nessuno muove un dito. E ci vogliono 24 anni per estirpare una situazione come quella sovra descritta, salvo ricorsi e possibili re-immissioni in ruolo (c’è sempre un codicillo in Italia che salva il privilegio e l’abuso) con tanto di nostre scuse e risarcimenti.
Rimane la netta impressione che la barca vada, ma senza alcun controllo. Vedi il recente 9 in condotta che ha “afflitto” uno studente per la sola colpa di aver sparato con fucile a pallini colpendo un’insegnante. Non l’ha crocifissa, quindi niente 8 che poi gli si blocca la crescita. Ma non si è nemmeno scusato: sono ragazzate, son ragazzi, chi di noi da studente non ha tagliato le gomme all’auto del preside o rapato a zero la docente di Filosofia?
Quindi torniamo all’assunto iniziale: se il più grande problema di Palermo è il traffico e non la mafia, quello dell’istruzione italiana sono le scuole non statali.

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