Editoriale
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Quella bomba che “esploderà”

La minaccia della bomba atomica in questo momento ci fa paura, per un po’ diremo “Mamma mia!”, poi anche questa minaccia, poiché chi la scaglia non farebbe una fine diversa da chi la subisce, col passare del tempo si affievolirà...

Parole chiave: Editoriale (407), Stefano Origano (141)

La minaccia della bomba atomica in questo momento ci fa paura, per un po’ diremo “Mamma mia!”, poi anche questa minaccia, poiché chi la scaglia non farebbe una fine diversa da chi la subisce, col passare del tempo si affievolirà. Ma rimane la realtà che è sempre più forte delle nostre interpretazioni e questa volta è inequivocabilmente drammatica, come ha denunciato il Papa durante l’Angelus di domenica scorsa.
Questa guerra, se si concluderà con gli ordigni nucleari, determinerà la fine di tutto; ma se anche – come tutti ci auguriamo – dovesse concludersi più civilmente con un armistizio, segnerà comunque la fine di questo tempo, dei suoi equilibri geopolitici, delle sue relazioni internazionali.
Dopo il 1989 ci sembrava che il mondo potesse andare verso una graduale e progressiva apertura globale, verso l’abbattimento di tanti muri e, con l’introduzione della digitalizzazione, verso l’inaugurazione della democrazia universale dove tutti possono avere piena libertà di espressione e di informazione. Una nuova epoca di progresso si prospettava e poteva esserlo davvero; ma la globalizzazione si è ben presto tramutata in una giungla selvaggia. Non è andata come preventivato e – bomba o non bomba – noi... attendiamo una lunga stagione “fredda”. Fredda per il caro bollette; fredda per l’affievolirsi delle relazioni diplomatiche e l’aumento di sanzioni ed embarghi che penalizzano ulteriormente chi già si trova in difficoltà; fredda per il ricomparire di nuovi muri, delle cortine di ferro e dello spettro dei blocchi contrapposti. In questa situazione, l’uomo della strada comunque va avanti, sospinto da una speranza o anche dal semplice fatalismo.
I commentatori accostano la situazione attuale con la crisi di Cuba del 1962 e qualcuno ricorda che la diplomazia vaticana con l’intervento provvidenziale di Giovanni XXIII contribuì non poco ad evitare l’olocausto nucleare: ci volle dunque l’intelligenza politica dei leader di allora e anche l’intervento di un santo. Oggi chi può avere il carisma, l’autorevolezza e magari la santità per fermare l’escalation bellica prima che sia troppo tardi? Sui leader politici in questo momento non ci scommetterei e, come si sa, i santi si scoprono solo dopo che hanno compiuto la loro missione.
In ogni caso, chi vivrà vedrà.

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