Lo sport cerca di scavalcare certi muri
Forse non tutto è perduto. Dopo le dichiarazioni ufficiali e quelle via social in cui la tensione internazionale attorno alla Corea del Nord sembrava rituffarci in pieno clima da guerra fredda, ecco un segnale di distensione...
Forse non tutto è perduto. Dopo le dichiarazioni ufficiali e quelle via social in cui la tensione internazionale attorno alla Corea del Nord sembrava rituffarci in pieno clima da guerra fredda, ecco un segnale di distensione. Ai XXIII Giochi olimpici invernali di Pyeongchang (Corea del Sud) la Corea del Nord ha detto di voler partecipare con una delegazione nella quale sono presenti non solo atleti e un team di taekwondo, ma anche giornalisti, rappresentanti di vertice ed un gruppo di ragazze che canteranno e danzeranno a sostegno delle squadre.
Si tratta di un segnale positivo al quale se ne associano altri come per esempio l’uso di un linguaggio nuovo. Il leader nordcoreano Kim Jong-un, nel suo discorso di Capodanno, infatti ha ripetuto: «Siamo un popolo unico, un’unica razza» augurando che i giochi olimpici possano essere un successo per tutto il popolo coreano. Per arrivare a questo passo è stato fondamentale l’atteggiamento del neo-presidente della Corea del Sud, Moon Jae-in, che ha cercato in tutti i modi di riprendere il dialogo con il suo collega del Nord.
Dopo gli orrori dei conflitti mondiali del secolo scorso, con molta fatica si tenta di abbattere i muri che dividono i popoli secondo logiche innaturali. Quello di Berlino non c’è più, ma nel frattempo altri sono stati costruiti o sono in fase avanzata di realizzazione come a Gerusalemme o al confine tra Messico e Stati Uniti.
Lo sport ha anche questo potere: magari non quello di abbattere i muri – come in tanti auspicano –, ma almeno di riaprire un contatto, tessere una fragile tela di dialogo.
Lo sport in questo caso è un acceleratore formidabile. Forse perché nello sport la competizione viene veicolata in modo diverso e la vittoria non consiste mai nel distruggere l’avversario, ma nel cercare di superare i propri limiti.
Ancor oggi in terra coreana si consuma l’assurdo dramma di migliaia di famiglie separate fra le due parti della penisola; se costoro vedranno le delegazioni sfilare insieme in occasione dei giochi olimpici, avranno più forte la consapevolezza non solo di poter rivedere i propri cari, ma soprattutto di essere ancora un solo popolo. E su questa base si può costruire quel futuro di unità che oggi è solo un sogno o una frase di circostanza.
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