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Biodiversità e un’economia che non la capisce

La Giornata per la custodia del Creato che ricorre il primo settembre quest’anno ci offre l’occasione per conoscere e comprendere la realtà fragile e preziosa della biodiversità...

Parole chiave: Biodiversità (3), Editoriale (407), Stefano Origano (141), Creato (6), Giornata Mondiale (47)

La Giornata per la custodia del Creato che ricorre il primo settembre quest’anno ci offre l’occasione per conoscere e comprendere la realtà fragile e preziosa della biodiversità. Facendo eco alle parole del Salmo 194 (“Quante sono le tue opere, Signore! Le hai fatte con saggezza; la terra è piena delle tue creature” richiamate da papa Francesco nell’enciclica Laudato si’), la Chiesa italiana ci invita ad assumere un atteggiamento contemplativo di fronte alla mirabile varietà di forme di vita che compongono quell’equilibrio straordinario che è la biodiversità, un dono vario e rigoglioso da coltivare responsabilmente.
Accanto alla contemplazione della bellezza, troviamo anche lo sguardo preoccupato per la minaccia che grava sulla biodiversità a causa di attività economiche e forme di sviluppo che minacciano migliaia di specie viventi e che si rivelano come un boomerang contro la vita stessa della famiglia umana.
L’aver sostituito il principio di responsabilità con la logica predatoria dell’accumulo delle ricchezze sta generando un sistema che distrugge il terreno su cui camminiamo, con conseguenze disastrose pure dal punto di vista sociale ed economico. Gli esperti di economia ci segnalano che ogniqualvolta una grande società quotata in Borsa, raggiunti elevati risultati economici, annuncia un piano di riassetto (che altro non significa se non tagli e riduzione del personale), immediatamente le azioni della stessa balzano in alto. Ma come è possibile? Eliminare coloro che ti hanno arricchito ti fa diventare straricco, a scapito di un esercito di persone che andranno ad alimentare nuove sacche di povertà.
Anche questa mi sembra una forma di attacco alla biodiversità, uno squilibrio pericoloso perché una cerchia sempre più ristretta di paperoni detiene non la fetta più grande, ma la quasi totalità della torta, lasciando al resto dell’umanità solo le briciole.
Non so quale misteriosa legge economica governi questo processo, ma mi chiedo perché siamo arrivati a questo punto e che cosa i nuovi super-ricchi se ne facciano di così tanti soldi che non riescono nemmeno a quantificarli. Perché non reinvestirli in opere sociali o redistribuirli con chi ha investito il proprio lavoro per guadagnarli? È matematicamente impossibile per alcuni di loro riuscire a spendere in una vita tutto ciò che hanno guadagnato. Di là, non se li portano. Questo non ha senso e prima o poi la ruota girerà anche per loro.

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