La gioia della verità in Agostino
A conclusione delle sue riflessioni sulla facoltà della memoria, Agostino esprime tutta la sua ammirazione e il suo stupore per un dono di Dio al superlativo, radicato nell’io ineffabile della persona umana, mistero insondabile che rimanda al Mistero: “Grande è la forza della memoria, non so che cos’abbia di mirabile, Dio mio! La sua complessità è profonda e infinita. E questo è l’animo, questo sono io in persona. Che cosa sono pertanto, Dio mio? Che natura sono? Una vita varia, multiforme ed estremamente senza confini”.
A conclusione delle sue riflessioni sulla facoltà della memoria, Agostino esprime tutta la sua ammirazione e il suo stupore per un dono di Dio al superlativo, radicato nell’io ineffabile della persona umana, mistero insondabile che rimanda al Mistero: “Grande è la forza della memoria, non so che cos’abbia di mirabile, Dio mio! La sua complessità è profonda e infinita. E questo è l’animo, questo sono io in persona. Che cosa sono pertanto, Dio mio? Che natura sono? Una vita varia, multiforme ed estremamente senza confini”.
Dopo aver riflettuto sulla memoria, Agostino avvia una serie di riflessioni su un tema a lui molto caro, quello della ricerca e della gioia della Verità, proprio come frutto della sua stessa esperienza: “Tutti sono d’accordo di voler essere beati... e chiamano vita beata lo stesso gaudio”. E proprio sulla base della sua esperienza dà la definizione mistica più indovinata e feconda di felicità: “Ed è proprio questa la vita beata: godere nei tuoi riguardi, di Te, per Te; è proprio questa e non un’altra”.
Cercare ed essere posseduti dalla Verità è dunque l’essenza di una vita felice. Non solo, ma Agostino precisa che anche chi non teme di ingannare il prossimo, per se stesso esige la verità: “Certo la vita beata sta nel gaudio della verità... la mia esperienza mi dice che ci sono molti che vogliono ingannare, ma nessuno che vuole essere ingannato”. Tutto il travaglio della sua vita viene riassunto da Agostino nella ricerca tormentata della verità che dapprima gli era sembrata posseduta dai Manichei. Deluso dell’esperienza con i Manichei, caduto nello scetticismo arido, grazie alla vicinanza di Ambrogio fa l’esperienza della Verità identificata con il Figlio di Dio Gesù Cristo: “Dove ho trovato la Verità, lì ho trovato il mio Dio, la Verità in persona. Da quando l’ho conosciuta non me ne sono dimenticato”. Interessante anche l’annotazione conclusiva: l’esperienza della Verità si è incisa nella sua memoria in modo indelebile.
A questo punto Agostino sprigiona dal suo cuore e dalla sua mente una pagina tra le più liriche e indimenticabili, capace di interpretare le profondità di ogni persona che dopo il travaglio della ricerca ha la grazia di sperimentare l’incontro con la Verità: “Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova! Tardi ti ho amato. Ed ecco Tu eri dentro di me e io ero fuori di Te e lì Ti cercavo; eri con me e io non ero con Te. Mi tenevano lontano da Te quelle cose che se non fossero in Te non esisterebbero. Hai chiamato, hai gridato e hai rotto la mia sordità, hai mandato bagliori, hai rifulso e hai messo in fuga la mia cecità, hai emanato il tuo profumo e io gli ho diretto il mio spirito ed anelo a Te, Ti ho gustato e ho fame e sete (di te), mi hai toccato e io mi sono infiammato nei riguardi della tua pace” (data l’eccezionalità del testo, segnalo la citazione precisa: Confessioni 10,27,38).
Sempre con l’acutezza che gli è connaturale, Agostino precisa che gli spazi dell’animo umano non inondati dalla Verità rimangono aridi e infelici. Ma, presa coscienza che ha la possibilità di essere totalmente conquistato dalla Verità grazie alla Misericordia di Dio, si affida ad essa come il malato al medico: “E poiché non sono pieno di Te, sono di peso a me... Ecco non nascondo le mie ferite; Tu sei il medico, io sono il malato; Tu sei misericordioso, io sono misero”.
Infine altre due puntualizzazioni: la vita è trapuntata di difficoltà che vanno tollerate; e oscilla tra desideri opposti in cerca di ciò che appaga: “Chi vorrebbe avere molestie e difficoltà? Tu comandi di tollerarle, non di amarle; nelle situazioni di avversità desidero la prosperità, nella prosperità temo le avversità”.
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