Agostino accolto con benevolenza da Ambrogio
Profondamente deluso dell’esperienza di insegnante, Agostino lasciò Roma per Milano, dove lo attendeva una splendida ed invidiabile carriera, in qualità di docente di retorica e di panegirista dell’imperatore e dei consoli...
Profondamente deluso dell’esperienza di insegnante, Agostino lasciò Roma per Milano, dove lo attendeva una splendida ed invidiabile carriera, in qualità di docente di retorica e di panegirista dell’imperatore e dei consoli. Ottenne un tal prestigioso incarico grazie all’interessamento di Simmaco, prefetto di Roma, che lo aveva sentito e apprezzato in una sua declamazione, dopo essere stato sollecitato dal giovanissimo imperatore dell’Impero Romano di occidente, Valentiniano II, che risiedeva appunto nella capitale Milano. Anno 384. Trentesimo di Agostino. A Milano incontrò il vescovo Ambrogio, di appena 14 anni più avanti in età, il quale “mi accolse paternamente […] E io incominciai ad amarlo, in un primo momento non come maestro di verità, che io disperavo di trovare nella tua Chiesa, ma come uomo che mostrava benevolenza verso di me. Lo ascoltavo con attenzione quando parlava al popolo […] Mi dilettava per la soavità del discorso, che era più erudito, anche se meno divertente e meno accattivante di quello di Fausto, almeno per quanto riguarda la forma. Per quanto invece riguarda i contenuti non c’era paragone. Mentre infatti quello vagava nelle false favole manichee, questo dava i più salutari ammonimenti di salvezza [...] E così, mentre aprivo il cuore per accogliere le belle parole che diceva, entrava insieme ad esse anche la verità che diceva, sebbene a poco a poco”. Osservazione acuta, anche dal punto di vista psicologico: i contenuti valoriali passano abitualmente dalla parola che affascina. Ma ecco la grande decisione: iscriversi tra i catecumeni nella Chiesa cattolica.
A Milano dunque ebbe inizio una nuova fase della sua vita. Sarà raggiunto dalla madre e progressivamente si avvicinerà al Cristianesimo. Il libro sesto ne narra le vicende. Seguendo il figlio per terra e per mare, Monica lo raggiunse a Milano, nel momento in cui Agostino disperava di trovare la verità. Venuta a sapere che si era liberato dai vincoli del Manicheismo, benché ancora non fosse stato conquistato dalla verità, senza esaltarsi, disse ad Agostino che era certa di una grazia: che lo avrebbe visto cristiano prima di morire. E per ottenere questa grazia frequentava ancor di più la chiesa, anche per ascoltare Ambrogio che stimava e amava in ragione del suo amore per Agostino, ricambiata a sua volta dalla stima per la sua squisita pietà. Agostino avrebbe desiderato incontrare personalmente Ambrogio. Ma anche quando aveva libere udienze, nei tempi di pausa si concentrava a tal punto nella lettura dei testi sacri che lo stesso Agostino una volta gli stette accanto a lungo, ma non osò attirare l’attenzione su di sé, lasciandolo nella sua quiete e allontanandosi in silenzio. Lo andava ad ascoltare invece nella chiesa ogni domenica e, pian piano, intuendo la forza dell’interpretazione analogica e spirituale delle Scritture, si accorse quanto erano false le accuse mosse dai Manichei all’interpretazione cattolica della Bibbia, che mostrava di avere solidi fondamenti ermeneutici e non aveva sapore di infantili banalità come la accusavano i Manichei. Ma l’assenso della mente ancora non era maturato. Anche perché Agostino aveva della verità una idea matematica: “Volevo essere certo delle cose che non vedevo nello stesso modo in cui ero certo che sette più tre fanno dieci”.
Una intuizione folgorante lo liberò da una idea che si era fatto della Chiesa cattolica, quale gliela avevano radicata in cuore i Manichei, i più acerrimi nemici della Chiesa: la Chiesa cattolica obbliga a credere alle verità che insegna, mentre i Manichei la presentavano come espressione di libertà, benché in concreto imponessero di credere a delle favole assurde, indimostrabili. In realtà anche la Chiesa cattolica non obbliga a credere, ma con lealtà propone l’oggetto della fede.