Il travaglio morale e affettivo di Agostino a Milano
Retore a Milano e docente di retorica! Una carriera folgorante per Agostino e ben meritata. Ma proprio la sua carriera, alla vista di tutti, gli imponeva di avere come coniuge non una plebea, come era la madre di Adeodato, bensì una nobile. Tanto più che Agostino stava maturando dentro di lui, propiziata dalle preghiere della madre Monica, l’idea di farsi cristiano cattolico...
Retore a Milano e docente di retorica! Una carriera folgorante per Agostino e ben meritata. Ma proprio la sua carriera, alla vista di tutti, gli imponeva di avere come coniuge non una plebea, come era la madre di Adeodato, bensì una nobile. Tanto più che Agostino stava maturando dentro di lui, propiziata dalle preghiere della madre Monica, l’idea di farsi cristiano cattolico. In effetti, Agostino era alla ricerca di una felicità che abitasse il suo cuore, ma la cercava in un luogo sbagliato: “Mentre amavo la vita beata, la temevo nella sua sede e mentre fuggivo da essa la cercavo. Pensavo infatti che sarei stato troppo misero se fossi privato degli amplessi di una donna”.
Sempre pensoso su di sé e sulla svolta da imprimere alla sua vita interiore, Agostino era tormentato dalla constatazione dell’incapacità di liberarsi, lui trentenne, dai vincoli della libidine: “Mi crucciavo di essere stato catturato in gran parte e con violenza dalla consuetudine di saziare l’insaziabile concupiscenza”.
Lo tormentava ancor più questo pensiero riflettendo sul fatto che la donna con la quale aveva condiviso circa dodici anni di “coniugalità”, staccata da lui e tornata in patria si era impegnata a vivere nella castità: “Essendo stata strappata dal mio fianco, come per impedimento del matrimonio, (la donna) con la quale ero solito andare a letto, avevo il cuore, dove aderiva, trafitto, vulnerato, sanguinante. E lei era tornata in Africa, facendo voto a Te di non conoscere nessun altro uomo, dopo aver lasciato presso di me il figlio naturale avuto da lei”.
Intanto nel crogiolo della sua mente riflette sui suoi travagli interiori: “Era già morta la mia adolescenza cattiva e nefanda e mi avviavo verso la giovinezza, tanto più turpe per la vanità quanto avanzava l’età... E io cercavo donde proviene il male e cercavo malamente e nella stessa mia ricerca non vedevo il male”. E a distanza di anni comprende qual era il vero ostacolo che gli impediva di lasciarsi conquistare dalla verità: “Il tumore (della mia superbia) mi teneva separato da Te e la faccia eccessivamente gonfiata mi chiudeva gli occhi”.
La Provvidenza però gli stava preparando dei sentieri che per loro natura sfociavano sulla strada della Verità. Dopo il travaglio morale e filosofico che lo aveva allontanato persino da se stesso, ebbe la sorte di leggere e approfondire alcuni libri dei Neoplatonici che lo persuasero a tagliare i ponti con tutto ciò che lo alienava da sé e a rientrare in se stesso e lì fece l’esperienza della luce della verità: “Ammonito (dagli scritti dei Neoplatonici) di ritornare in me stesso, entrai nella mia interiorità sotto la tua guida e lo potei poiché Ti sei fatto il mio aiuto. Sono entrato e ho visto con l’occhio dell’anima mia, qualunque esso sia, sopra lo stesso occhio dell’anima mia una luce immutabile. Non era questa materiale e visibile ad ogni carne né era più grande come fosse dello stesso genere, come se questa brillasse con molto e molto più chiarore e con la sua grandezza occupasse tutto. Non era ciò quella luce, ma qualcosa d’altro, molto altro da tutte queste realtà. Non era neppure sopra la mia mente, come l’olio sopra l’acqua né come il cielo sta sopra la terra, ma superiore, perché proprio essa ha fatto me ed io ero ad essa inferiore in quanto fatto da essa”. Ed ecco la gioia della scoperta di ciò che cercava. Ecco l’effusione orante del mistico: “Chi conosce la verità la conosce e chi la conosce, conosce l’eternità. L’amore la conosce. O eterna verità e vera carità e cara eternità. Tu sei il mio Dio, a Te sospiro giorno e notte... come se udissi la tua voce dall’alto: io sono il Cibo dei grandi; cresci e mangerai me. Né sarai tu a trasformare Me in te come accade per il cibo del tuo corpo, ma tu sarai metabolizzato in Me!”.
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