La famiglia come habitat naturale dell’azione educativa
“La famiglia è la prima scuola dei valori umani, dove si impara il buon uso della libertà” (AL 274). Certi valori radicati nell’infanzia, come ad esempio il senso critico nei confronti dei media, fecondano tutta la vita (cf ivi). La famiglia sa educare alla capacità di attendere, anche se pressati dalla velocità del digitale, a non pretendere tutto e subito, ma a diventare responsabile di se stesso (cf AL 275)...
“La famiglia è la prima scuola dei valori umani, dove si impara il buon uso della libertà” (AL 274). Certi valori radicati nell’infanzia, come ad esempio il senso critico nei confronti dei media, fecondano tutta la vita (cf ivi). La famiglia sa educare alla capacità di attendere, anche se pressati dalla velocità del digitale, a non pretendere tutto e subito, ma a diventare responsabile di se stesso (cf AL 275). Come ambito della socializzazione primaria, nella quale i legami sociali si realizzano nella dimensione quotidiana, quasi microscopica, la famiglia educa all’ascolto, alla condivisione, al rispetto, alla solidarietà, alla convivenza, al prendersi cura, al saluto (cf AL 276). Ambito dell’ecologia integrale, la famiglia evita di anestetizzare i figli rispetto alle sofferenze e i travagli degli altri (cf AL 277). Certo, per i genitori non è facile essere educatori dei figli nell’uso sapienziale delle nuove tecnologie di comunicazione, compreso la sospensione del loro uso durante i momenti preziosi di ritrovo, evitando in tal modo l’“autismo tecnologico” di cui possono diventare facile prede (cf AL 278).
Tuttavia, perché l’azione educativa da parte dei genitori non si incagli in possibili autarchie educative, fino a sconfinare in autoritarismi, l’Esortazione indirizza i genitori verso la comunità cristiana che li deve affiancare, soprattutto nell’ambito della catechesi di iniziazione cristiana, in una forte alleanza, ma anche verso le Scuole Cattoliche che aiutano i giovani a vedere il mondo con lo sguardo di Cristo (cf AL 279). Un ambito singolare di educazione di competenza della famiglia, in un’epoca in cui si tende a banalizzare e impoverire la sessualità (cf AL 280) è l’educazione sessuale, da compiersi “nel momento appropriato e in un modo adatto alla fase che vivono” (AL 281), e capace di custodire “un sano pudore” (AL 282), che funziona da protezione del valore stesso della sessualità, che non degenera in morbosa concentrazione sulla genitalità (cf AL 282). Chi propaga una cultura del “sesso sicuro”, stimola e provoca gli adolescenti a giocare con i loro corpi e i loro desideri, è un irresponsabile (cf AL 283). Occorre invece educare in modo tale che “l’unione sessuale nel matrimonio apparirà come segno di un impegno totalizzante” (AL 283), e non come uso della genitalità di una persona considerata come un oggetto (cf ivi). Occorre altresì educare ad un “paziente apprendistato” (AL 284) perché i due sessi non rimangano estranei e divisi, attratti solo dall’illusione di donarsi tutto nell’immediatezza (cf ivi). Conclude il Papa: “Si prende troppo alla leggera l’educazione sessuale” (ivi). Anche l’educazione al rispetto e alla stima della differenza fa parte dell’educazione sessuale, “accettando il proprio corpo così come è stato creato […] nella sua femminilità o mascolinità […] in modo che la persona non pretenda di cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa” (AL 285).
Infine qualche precisazione va riservata all’educazione familiare in ambito della fede, nonostante i ritmi frenetici imposti dal vivere odierno. La famiglia resta il luogo primario “dove si insegna a cogliere le ragioni e la bellezza della fede, a pregare e a servire il prossimo […] è bello quando le mamme insegnano ai figli piccoli a mandare un bacio a Gesù o alla Vergine” (AL 287). Gli stessi genitori, papà e mamme siano valorizzati nell’ambito della catechesi. Aggiunge il Papa: “È di grande aiuto la catechesi familiare, in quanto metodo efficace per formare i giovani genitori e per renderli consapevoli della loro missione come evangelizzatori della propria famiglia” (ivi). Certo, nemmeno nella catechesi esistono ricette. Ci sono modalità adatte ai bambini, differenti da quelle idonee ai ragazzi o agli adolescenti. Se i genitori staranno vicini ai figli in modo educativo, aiutandoli a fare una esperienza spirituale in piena libertà senza costrizioni, si impegneranno a dare ai figli testimonianze significative, sempre attenti, e mai distratti, ai cambiamenti dei figli. Se le cose stanno così, allora anche l’esperienza della preghiera, inspirata alla pietà popolare, diventa una bella e desiderata esperienza di famiglia. E magari si prega anche per i figli che si sono allontanati da Cristo, come ha fatto Santa Monica per il figlio Agostino, divenuto Sant’Agostino (cf AL 288). Educazione anche alla solidarietà con i poveri, al rispetto del creato, alle vicinanza alle altre famiglie [...] allora davvero le famiglie saranno “chiese domestiche e fermento evangelizzatore nella società” (AL 290).