La Chiesa peregrina tra le persecuzioni consolata da Dio
Purtroppo, anche nella città di Dio si insinuano i malvagi che fanno perdere credibilità alla Chiesa: “Perciò in questo mondo maligno, in questi giorni cattivi… molti reprobi si mescolano con i buoni”
Purtroppo, anche nella città di Dio si insinuano i malvagi che fanno perdere credibilità alla Chiesa: “Perciò in questo mondo maligno, in questi giorni cattivi… molti reprobi si mescolano con i buoni” (De civ. Dei, XVIII, 49). E tanto male fanno le eresie suscitate da satana, per sopperire alla chiusura di tanti tempi degli idoli. Gli eretici si sono incalliti nei loro errori, caparbiamente. Eppure, osserva Agostino, “anche così gli eretici con il loro male giovano a quei veri cattolici che sono membra di Cristo, mentre Dio si serve anche dei malvagi per il bene, in quanto per chi ama Dio tutto coopera al bene” (De civ. Dei, XVIII, 51.1). Completa il pensiero: “Perciò il diavolo, principe dell’empia città contro la città di Dio peregrinante in questo mondo, non ha il permesso di nuocere in nulla scuotendo i suoi vasi. Ad essa senza dubbio attraverso la provvidenza divina, viene procurata la consolazione nelle prosperità, per non lasciarsi incrinare dalle avversità e lo sprone nelle avversità per non lasciarsi corrompere dalle prosperità” (De civ. Dei, XVIII, 51.1).
Il testo seguente, nel quale emerge un aforisma straordinario di Agostino, che evidenzieremo con la citazione in lingua latina, mette in risalto il male che viene fatto alla Chiesa dai cattivi cristiani, da quei cristiani cioè che lo sono più di nome che di fatto. Anche a causa loro la Chiesa nel suo peregrinare procede tra le tribolazioni e le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio: “Quando da parte di coloro che sono fuori, non incrudelendo, sembra che vi sia tranquillità e sia la realtà, ciò porta moltissima consolazione, specialmente per gli infermi. Non mancano, tuttavia, anzi ce ne sono molti, all’interno che tormentano il cuore di chi vive in modo pio, poiché per colpa loro il nome cristiano e cattolico viene bestemmiato. In effetti, quanto questo nome è più caro a coloro che vogliono vivere piamente in Cristo tanto più si addolorano per il fatto che attraverso i cattivi, posti all’interno, avviene che questo nome sia amato meno di quanto desiderano le menti dei pii. Anche gli stessi eretici, dal momento che si pensa abbiano il nome e i sacramenti cristiani e le Scritture e la professione di fede, recano un grande dolore nel cuore dei pii, perché anche i molti che vogliono essere cristiani sono costretti ad esitare, a causa dei loro dissensi, e molti maldicenti trovano anche in questi materia per bestemmiare il nome cristiano, dal momento che anch’essi in qualche modo si denominano cristiani. Per questi e simili costumi malvagi e per gli errori degli uomini, subiscono persecuzione coloro che vogliono vivere piamente in Cristo, anche se il loro corpo non è da nessuno afflitto e vessato. Senza dubbio soffrono questa persecuzione non nel corpo ma nel cuore… Così in questo mondo, in questi giorni cattivi non solo dal tempo della presenza corporale di Cristo e dei suoi apostoli, ma dallo stesso Abele che per primo fu ucciso dal suo empio fratello, e in seguito fino alla fine del mondo, tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio avanza peregrinando la Chiesa” (“Inter persecutiones mundi et consolationes Dei peregrinando procurrit Ecclesia”, De civ. Dei, XVIII, 51.2).
Alla conclusione del libro diciottesimo Agostino precisa ancora una volta il fatto che mai ha lasciato in completa ombra una delle due città, anche quando ne evidenziava una: “Ma una buona volta concludiamo questo libro, fin qui dissertando e quanto sembrava sufficiente dimostrando quale sia delle due città, quella celeste e quella terrena, l’excursus storico mescolato completamente insieme dall’inizio fino alla fine. Di esse, quella terrena si fece i falsi dei che ha voluto, da qualsiasi parte o anche dagli uomini, ai quali servire con sacrifici; quella, invece, che da celeste peregrina in terra, non fa falsi dei, ma essa stessa è fatta da Dio, di cui essa in persona è il vero sacrificio” (De civ. Dei, XVIII, 54.2).
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