Condiscepoli di Agostino
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I protagonisti della città di Dio e quelli della città terrena

Nei primi cinque libri della Città di Dio Agostino pone a confronto le due città, quella terrena idolatra e quella celeste. Nei testi seguenti mette in luce come Dio guarda ai componenti delle due città e in che cosa sono differenti...

Parole chiave: Condiscepoli di Agostino (104), mons. Giuseppe Zenti (330), Sant'Agostino (190)

Nei primi cinque libri della Città di Dio Agostino pone a confronto le due città, quella terrena idolatra e quella celeste. Nei testi seguenti mette in luce come Dio guarda ai componenti delle due città e in che cosa sono differenti.
Dio è paziente con i malvagi. E attraverso le tribolazioni educa i buoni ad essere pazienti come Lui. La misericordia di Dio sostiene i buoni, mentre la sua severità è finalizzata a punire i malvagi. Nella sua Provvidenza Dio ha predisposto per la vita oltre il tempo il paradiso per i buoni e l’inferno per i malvagi, mentre nella vita terrena ha disposto che beni e mali temporali fossero comuni ai buoni e ai cattivi.
“La pazienza di Dio invita i malvagi alla conversione, come il flagello di Dio istruisce i buoni alla pazienza. Allo stesso modo la misericordia di Dio abbraccia i buoni per riscaldarli, come la severità di Dio corregge i malvagi con la punizione. Certo, è piaciuto alla divina provvidenza preparare per il futuro ai giusti i beni, di cui non fruiranno gli ingiusti, e agli empi i mali con i quali non saranno tormentati i buoni. In realtà questi beni e mali temporali ha voluto che fossero comuni ad entrambi, in modo che né siano desiderati con troppa avidità i beni che anche i malvagi si vede che hanno, né si evitino disonestamente i mali, da cui nella maggior parte dei casi anche i buoni sono colpiti” (De civitate Dei 1, 8,1).
Certo, il comportamento dei buoni e dei malvagi nei confronti dei beni terreni o delle avversità è assai diverso. I buoni non si lasciano condizionare né dai beni né dai mali temporali. Chi vive in sé i valori della città di Dio non si lascia esaltare o turbare da nulla. I malvagi invece si tormentano alla ricerca della felicità terrena. Tutti comunque sono destinatari di sofferenze. Tuttavia, le sofferenze sono come il fuoco che fa rosseggiare l’oro e incenerire la pula. I buoni sono come il profumo e i cattivi come la latrina.
 “Differisce però moltissimo (sapere) quale sia l’uso o delle cose che si dicono prospere (prosperità) o di quelle che si dicono sfavorevoli (avversità). Infatti la persona buona né si lascia esaltare dai beni temporali né si lascia abbattere dai mali. Al contrario, il malvagio è punito dall’infelicità di tale natura, perché si lascia corrompere dalla (condizione di) felicità… (se si servisse Dio solo per ottenere da lui benefici) non ci renderebbe pii tale servizio (a Dio), ma piuttosto bramosi e avari. Stando così le cose, buoni o malvagi che si sia, alla pari sono afflitti. Pertanto essi stessi non sono distinti, per il fatto che non è differente ciò che entrambi subiscono. Rimane infatti la dissomiglianza di coloro che patiscono anche nella somiglianza delle cose patite. E, per quanto sotto la medesima sofferenza, non è la stessa cosa la virtù e il vizio, come sotto un unico fuoco l’oro rosseggia, la pula va in fumo… così una sola e medesima forza irrompente mette alla prova i buoni, li purifica, li filtra; condanna i cattivi, li distrugge, li stermina. Per cui nella medesima afflizione i cattivi detestano Dio e lo bestemmiano, mentre i buoni lo pregano e lo lodano. Così grande è la differenza non nei confronti delle sofferenze, ma nei confronti di chiunque sia colui che soffre. In effetti, pur agitati da un medesimo movimento, la sozzura esala odori orribili, mentre l’unguento manda soave fragranza” (De civitate Dei 1,8,2).

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