L’indulgenza sulla fragilità spirituale umana
È vero che il perdono dei peccati avviene nell’anima dei battezzati pentiti, cioè disponibili alla conversione, in un clima di fede che sa cogliere l’assoluta gratuità dell’amore misericordioso. E Dio perdona realmente. Tuttavia, è un dato antropologicamente testato, confermato dalla nostra personale esperienza, che ogni peccato ci rende più fragili. Rende più fragile la nostra volontà di resistenza di fronte alla tentazione. Quando si ripresenta la situazione-tentazione, ci si ritrova più cedevoli, meno predisposti a resistere. Nonostante tutte le promesse, anche molto sincere.
È vero che il perdono dei peccati avviene nell’anima dei battezzati pentiti, cioè disponibili alla conversione, in un clima di fede che sa cogliere l’assoluta gratuità dell’amore misericordioso. E Dio perdona realmente. Tuttavia, è un dato antropologicamente testato, confermato dalla nostra personale esperienza, che ogni peccato ci rende più fragili. Rende più fragile la nostra volontà di resistenza di fronte alla tentazione. Quando si ripresenta la situazione-tentazione, ci si ritrova più cedevoli, meno predisposti a resistere. Nonostante tutte le promesse, anche molto sincere.
Il peccato infatti ha sempre effetto droga. Ci si rende conto che ci fa male. Ma quel certo che di “soddisfazione”, di “piacere” che vi è insito, ritorna prepotente. Si riaffaccia alla fantasia. Ed ha più potere della stessa volontà, trasformata, sotto effetto anestetico, in velleità. Dopo ogni nuova ricaduta subentra pure un senso di sconfitta che umilia e induce alla rassegnazione. Il peccato diventa facilmente vizio. Si ringalluzzisce. La fa da padrone. Infiacchisce talmente la volontà da renderla sua alleata, alleata dico del peccato stesso. L’uomo interiore viene ridotto ad uno straccio, ad un brandello di uomo.
L’esperienza ci conferma che in tale condizione l’uomo intristisce e, non di rado, si lascia abbruttire dai vizi che hanno il sopravvento in lui. Se si ha il buon senso di aprire gli occhi, si è costretti a riconoscere che cedendo al peccato ci siamo fatti del male a noi stessi. Ci siamo autolesi. In termini tecnici, questa condizione di salute malferma del nostro uomo interiore viene definita “pena temporale”.
Le indulgenze su cui andiamo a fare quale riflessione, sono finalizzate a questa area dell’uomo interiore. Sono finalizzate ad un suo rafforzamento, tale che ci si ritrovi più predisposti a lasciarci conquistare dal bene che non condizionare verso il male, cioè verso il peccato. Sostanzialmente equivale ad un rafforzamento della volontà perché sia resa idonea a collaborare con la grazia di Dio misericordioso.
A tal fine sono di grande utilità e fecondità la preghiera personale; la lettura meditata della Parola di Dio; la partecipazione nella fede alla celebrazione dell’Eucaristia; la Confessione che non solo rimette i peccati ma è anche una riserva di risorse spirituali finalizzabili al rafforzamento appunto dell’uomo interiore; gesti di generosa solidarietà economica come espressione di effettivo distacco dalla bramosia del denaro; il compimento del proprio dovere professionale; la pazienza esercitata in famiglia, in parrocchia, nelle comunità di vita, con i colleghi; il dono del proprio tempo nel volontariato, nel condividere tempo e iniziative con i disabili; la rinuncia a qualche cosa cui è attaccato il cuore e che schiavizza la volontà: usare, ad esempio con moderazione internet; tenersi sobri nel cibo e negli alcolici; accettare qualche umiliazione non meritata; fare tutto con senso di gratuità, senza attendersi gratificazioni; dominarsi nella smania di moda e di consumismo; mortificare la curiosità specialmente se morbosa; praticare l’onestà e la giustizia anche a costo di rimetterci…
Questi ed altri aspetti dell’agire umano ci fanno diventare più umani, proprio nel rafforzarci nell’uomo interiore. Sono di fatto atti di “purificazione” che necessariamente dobbiamo fare o nella vita terrena o in “Purgatorio”, in quanto il rafforzamento, alla radice e al completo, dell’uomo interiore è condizione perché Dio sia il Tutto in noi, perché cioè la nostra interiorità sia idonea a lasciarsi conquistare interamente dall’amore di Dio, che ci trasforma in “Paradiso”.