Condiscepoli di Agostino
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I rescritti di papa Innocenzo I ai vescovi africani sul pelagianesimo

Preoccupato dell’evolversi dell’eresia pelagiana, che di fatto negava la necessità della grazia di Dio per vivere in conformità alla sua volontà, Agostino, con quattro confirmatari, scrisse una lettera che riguardava l’eresia di Pelagio a papa Innocenzo I, il quale rispose con un rescritto...

Preoccupato dell’evolversi dell’eresia pelagiana, che di fatto negava la necessità della grazia di Dio per vivere in conformità alla sua volontà, Agostino, con quattro confirmatari, scrisse una lettera che riguardava l’eresia di Pelagio a papa Innocenzo I, il quale rispose con un rescritto. Precisiamo che il rescritto è un documento papale talmente carico di autorità apostolica da mettere fine ad una determinata questione di carattere teologico. Ecco qualche stralcio di tale rescritto:
“Abbiamo sfogliato il libro inviatoci dalla vostra Carità, che si dice essere di Pelagio. Vi abbiamo letto molte affermazioni contrarie alla grazia di Dio, molte bestemmie, niente che meriti approvazione e quasi nulla che non sia assolutamente da riprovare, da condannare e da calpestare da chiunque. Nessun altro avrebbe potuto concepire nella mente e sentire simili idee, se non colui che le aveva scritte. Anatematizzi (cioè rifiuti radicalmente) dunque queste sue affermazioni, che sono il frutto del suo sentire, così che coloro i quali sono stati travolti nella caduta dai suoi discorsi e dai suoi precetti, vengano a conoscere una buona volta i contenuti della vera fede. In effetti, si possono più facilmente richiamare (sulla retta via) quando vengono a sapere che queste idee sono state condannate dal loro autore. Se invece egli vorrà persistere ostinatamente in questa empietà, occorre fare il possibile per venir in aiuto di coloro che sono stati traviati non dal proprio errore, ma dal suo, affinché non risulti ad essi inutile la medicina per il fatto che costui non ammette né richiede tale cura”.
Sostanzialmente del medesimo tenore e del medesimo contenuto sono i due rescritti in risposta alle lettere inviate ad Innocenzo I dai padri del Concilio di Cartagine e del Concilio di Milevi nelle quali, sia pur da angolature diverse, si riconosceva alla Sede di Roma tutta la forza dell’autorità apostolica consegnata da Cristo alla sua Chiesa. I Vescovi firmatari si dichiaravano convinti, infatti, che il sigillo dell’autenticazione della fede doveva essere apostolico petrino, e che questo era posseduto unicamente dalla Sede di Roma. Perciò i padri del Concilio di Cartagine e anche quelli del Concilio di Milevi gli facevano richiesta dei rescritti con i quali il Papa confermava la loro fede sulla grazia.
In ambedue i rescritti il Papa non fece che confermare la fede sulla grazia, già espressa dai Padri conciliari. Riconosceva ai pastori il merito di aver conservata intatta la dottrina sulla grazia, senza essersi lasciati contagiare dalle idee di Pelagio che riuscì ad ottenere il consenso solo di alcuni fedeli. Dopo aver ribadito la posizione singolare della Sede di Roma, Innocenzo I lodò i Vescovi africani per aver seguito la tradizione della Chiesa, secondo la quale tutte le questioni dottrinali che si agitano in ogni parte della Chiesa debbono convergere ad essa, per riceverne un giudizio incontestabile, “sapendo che cosa è dovuto alla Sede Apostolica”, nella quale le controversie trovano soluzione adeguata, definitiva e, perciò, inappellabile. Da essa tutte le Chiese attingono la fede come acqua pura sgorgata dall’incontaminata fonte sorgiva che si espande in tanti ruscelli, attraverso tutte le regioni. Innocenzo riconosceva l’urgenza di rimedi immediati nei confronti dell’eresia, finalizzati ad “esportare il male, per evitare che, venendo estirpato troppo tardi, la sua infezione non penetri fin quasi nelle viscere”.
Fra episcopato africano e Sede di Roma si respirava una profonda intesa. Motivo per il quale il Papa nei suoi rescritti ai vescovi del Concilio di Cartagine e del Concilio di Milevi confidava loro tutta la sua consolazione per averli trovati in perfetta comunione con la Sede apostolica di Pietro.

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