Agostino nei confronti di Pelagio e del pelagianesimo
Già abbiamo precisato l’identità del pelagianesimo. Ora si tratta di verificare quale è stato l’atteggiamento di Agostino nei confronti di Pelagio e della sua eresia. Come già nei riguardi dei manichei e dei donatisti, Agostino si mostrò preoccupato non di sconfiggere l’avversario, ma di riaverlo nella comunione dell’unica Chiesa, come ci è dato di constatare dalla lettera al vescovo Ilario...
Già abbiamo precisato l’identità del pelagianesimo. Ora si tratta di verificare quale è stato l’atteggiamento di Agostino nei confronti di Pelagio e della sua eresia. Come già nei riguardi dei manichei e dei donatisti, Agostino si mostrò preoccupato non di sconfiggere l’avversario, ma di riaverlo nella comunione dell’unica Chiesa, come ci è dato di constatare dalla lettera al vescovo Ilario: “Quanto queste idee siano nemiche della grazia di Dio, che è stata data al genere umano per mezzo di nostro Signore Gesù Cristo, e in che modo tentino di scardinare i fondamenti di tutta la fede cristiana, lo vede bene, assieme a noi, la vostra Reverenza. E non abbiamo dovuto tacere presso di voi di stare in guardia nella vostra cura pastorale da codesti uomini, che noi certo vogliamo e desideriamo vengano risanati nella Chiesa piuttosto che siano tagliati fuori da quella”.
La determinazione di Agostino di risanare gli eretici, come erano Pelagio e Celestio, è manifesta soprattutto nella famosa lettera che a titolo personale Agostino ed Aurelio, primate del concilio di Cartagine, con altri tre vescovi, inviarono al papa Innocenzo I sulla complessa questione dell’eresia pelagiana, di rincalzo alle due precedenti, inviate sempre a papa Innocenzo I, da parte dei padri del concilio di Cartagine e da parte del concilio di Milevi, ugualmente sulla questione pelagiana.
Si tratta di una lettera particolarmente significativa sia perché sottoscritta da Aurelio che rappresentava i padri del concilio di Cartagine e da Agostino che di tutta le vicenda, e non solo del concilio di Milevi, quantunque non ne fosse il primate, fu il promotore e il protagonista, sia per il contenuto, in quanto non solo riassumeva le idee espresse dalle sinodali di Cartagine e di Milevi, ma le approfondiva e le corredava di numerose e opportune citazioni bibliche.
I firmatari si presentano come coautori delle precedenti lettere inviate dal concilio di Cartagine e di Milevi che mettevano in guardia dall’insidia contenuta nell’errore dei “nemici della grazia di Cristo”. Questi, infatti, sostenevano che la natura era sufficiente a se stessa e non aveva bisogno di un Liberatore, la cui opera redentrice veniva ritenuta superflua.
Di fronte a questa eresia, che scalzava le radici stesse del cristianesimo nell’atto di vanificarne la dimensione soteriologica, nella sua espressione di salvezza operata da Cristo nel mistero pasquale, i cinque vescovi esprimevano la convinzione che soltanto la Sede di Roma possedeva l’autorità di intervenire in modo efficace. Giudicavano tale intervento non solo necessario, ma anche urgente, sia perché correvano voci che Pelagio poteva contare su molte persone a lui favorevoli proprio nella Chiesa di Roma, dove era vissuto a lungo, sia perché non mancavano neppure i sospetti che egli fosse riuscito ad intaccare perfino la Sede apostolica.
Su quella complessa vicenda occorreva far luce. Tanto più che alcuni, persuasi dell’innocenza di Pelagio, diffondevano la voce che le idee a lui attribuite di fatto non fossero sue, dal momento che era stato discolpato in Palestina dal concilio di Diospoli. In realtà, Pelagio si muoveva con abile e disinvolta destrezza sul piano della linguistica. Egli utilizzava sì il termine “grazia”, ma lo caricava di un significato nuovo, rispetto a quello vigente nella tradizione della Chiesa, per la quale “grazia” è il dono con cui Dio “ci libera dalla colpa e ci salva dalla debolezza” e non l’”essere stati creati con una propria volontà”.
Occorreva l’acutezza dell’intelligenza di Agostino, unite alle sua vigilanza di pastore, per intuirne l’ambiguità e per snidarvi, finalmente, Pelagio.