Ecologia umana ed ecologia dell’ambiente vanno di pari passo
Quale impatto ha il degrado dell’ambiente sull’essere umano? È una domanda carica di angoscia che Papa Francesco si pone (43). Focalizza l’attenzione sul vivere disordinato nelle città e nei quartieri congestionati e disordinati, senza spazi di verde (44). Non esita a denunciare la privatizzazione degli spazi della bellezza e dei quartieri residenziali ecologici riservati a pochi (45), la pesante ricaduta di alcune innovazioni tecnologiche sulla disoccupazione, l’aumento della violenza, del narcotraffico, del consumo crescente di droga fra i giovani, “sintomi di un vero degrado sociale, di una silenziosa rottura dei legami di integrazione e di comunione sociale” (46)...
Quale impatto ha il degrado dell’ambiente sull’essere umano? È una domanda carica di angoscia che Papa Francesco si pone (43). Focalizza l’attenzione sul vivere disordinato nelle città e nei quartieri congestionati e disordinati, senza spazi di verde (44). Non esita a denunciare la privatizzazione degli spazi della bellezza e dei quartieri residenziali ecologici riservati a pochi (45), la pesante ricaduta di alcune innovazioni tecnologiche sulla disoccupazione, l’aumento della violenza, del narcotraffico, del consumo crescente di droga fra i giovani, “sintomi di un vero degrado sociale, di una silenziosa rottura dei legami di integrazione e di comunione sociale” (46).
Un paragrafo molto intenso viene dedicato alle dinamiche dei media e al mondo digitale che favoriscono “il rumore dispersivo dell’informazione” (47) che a sua volta produce “una specie di inquinamento mentale” (47). L’enciclica segnala il pericolo che Internet sostituisca le comunicazioni sociali dirette, generando “emozioni artificiali” e impedendo “di prendere contatto diretto con l’angoscia, con il tremore, con la gioia dell’altro e con la complessità della sua esperienza personale” (47), facendo crescere “una profonda e malinconica insoddisfazione nelle relazioni interpersonali, o un dannoso isolamento” (47).
Sotto il titolo “Inequità planetaria”, segue l’affermazione dell’intima connessione tra ecologia umana ed ecologia dell’ambiente: “L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme” (48). E lo si constata soprattutto considerando il genere di esistenza dei più poveri del mondo, e sono nell’ordine di miliardi, ignorati di fatto da “professionisti, opinionisti, mezzi di comunicazione e centri di potere ubicati lontano da loro, senza contatto diretto con i loro problemi. […] Questa mancanza di contatto fisico e di incontro aiuta ad ignorare parte della realtà in analisi parziali. […] Un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, […] per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri” (49). All’obiezione che le povertà si risolvono con la riduzione della natalità, Papa Francesco risponde che “la crescita demografica è pienamente compatibile con uno sviluppo integrale e solidale” (50). In realtà va incolpato il consumismo dei pochi, insostenibile se fosse esteso a tutti, altrimenti “il pianeta non potrebbe nemmeno contenere i rifiuti di un simile consumo” (50). Si spreca un terzo degli alimenti che si producono “e il cibo che si butta via è come se si rubasse dalla mensa dei poveri” (50).
L’inequità si constata poi nel “debito ecologico” (51) nei confronti dei Paesi del terzo mondo da cui provengono esportazioni di materie prime per soddisfare i mercati del nord industrializzato, provocando danni gravissimi a quei Paesi, “come l’inquinamento da mercurio nelle miniere d’oro o da diossido di zolfo in quelle di rame” (51). E che dire delle discariche di rifiuti lasciati in questi Paesi dalle multinazionali quando si ritirano lasciando il Paese nella miseria, anzi gravandolo di debiti insolubili? (cf 51-52).
Purtroppo si deve constatare che “mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli” (53). Manca di fatto una leadership capace di governare l’evoluzione della storia a livello mondiale. E, sventuratamente, la politica è asservita “alla tecnologia e alla finanza […]. Ci sono troppi interessi particolari e […] gli interessi di gruppi economici distruggono irrazionalmente le fonti di vita” (54).
Nonostante sia cresciuta la sensibilità ecologica, le abitudini antiecologiche permangono (cf 55), in quanto “i poteri economici continuano a giustificare l’attuale sistema mondiale, in cui prevalgono una speculazione e una ricerca della rendita finanziaria” (56). Non è pura ipotesi di terzo tipo lo scatenarsi di nuove guerre, anche nucleari o biologiche, provocate dall’esaurimento di alcune risorse (cf 57). Segue un altro pesante ammonimento: “Perché si vuole mantenere oggi un potere che sarà riconosciuto per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario farlo?” (57). Siamo proprio di fronte ad “una spensierata irresponsabilità” (59). È urgente pertanto “cambiare rotta” (61), dando ascolto alla voce della coscienza etica e, ancor più in profondità, alla voce della Rivelazione divina.