“Dio mio, io non sarei se Tu non fossi in me”
Fin dagli inizi delle Confessioni, Agostino si pone il problema del suo esistere...
Fin dagli inizi delle Confessioni, Agostino si pone il problema del suo esistere. Come chiunque dimostra di avere buon senso, anche lui, da poco divenuto Vescovo all’età di 42 anni, avverte con chiara coscienza di non essere causa di se stesso. Questo è un concetto che, in varie occasioni, estende ad ogni altro essere esistente, inanimato o animato che sia. Con l’acume della sua mente riconosce, adorante, di provenire da un Essere che è un Assoluto di essere. E ne prova immensa gioia. Dirà più avanti, in riferimento alla sua adolescenza, alquanto turbolenta, che ringraziava Dio, anche se gli avesse concesso un solo istante di vita. Agostino si è sempre dimostrato un innamorato della vita. Ma era particolarmente affascinato della vita ogni qual volta rifletteva sul fatto che la sua era una partecipazione creaturale della vita di Dio. Più volte chiarisce il senso della partecipazione. Lui stesso precisa di non essere il principio del suo essere. E nemmeno di essere un frammento di Dio in una visione panteista. Nemmeno l’aforisma citato ne consente l’affermazione: “Dio mio, io non sarei, non sarei assolutamente, se Tu non fossi in me” (“Non ergo essem, Deus meus, non omnino essem, nisi esses in me”: Confes. 1, 2.2). Si è sempre percepito creatura. E per evitare ogni possibile equivoco, prosegue formulando il pensiero della sua partecipazione all’essere Assoluto di Dio, collocandosi lui stesso dentro l’essere di Dio, senza con ciò aggiungere nulla all’essere di Dio: “Io non sarei, se io non fossi in Te” (An potius non essem, nisi essem in Te” (Ivi).
Non c’è dubbio che questo aforisma ha molto da dire all’uomo del nostro tempo, alquanto incline a riconoscersi autoreferenziale, autogenerato e del tutto indipendente da Dio, che non riconosce nemmeno esistente.
† Giuseppe Zenti
Vescovo emerito di Verona
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