Condiscepoli di Agostino
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La conversione di Agostino favorita dalla filosofia platonica

Ad Agostino la carriera a Milano arrideva. Ma vi era un ostacolo per la Milano bene, nella quale non avrebbe potuto entrare se non lo toglieva: la sua convivenza con la donna della plebe trovata a Cartagine...

Parole chiave: Sant'Agostino (190), mons. Giuseppe Zenti (330), Vescovo di Verona (247)

Ad Agostino la carriera a Milano arrideva. Ma vi era un ostacolo per la Milano bene, nella quale non avrebbe potuto entrare se non lo toglieva: la sua convivenza con la donna della plebe trovata a Cartagine. Avrebbe dovuto abbandonare quella per sposarne una ricca e nobile. Era avvinto comunque dal suo sogno di vita felice che lo tallonava come un demone: “Amavo la vita felice, però avevo paura di trovarla nella sua dimora, e la cercavo fuggendola. Pensavo che sarei stato un uomo troppo misero, se fossi stato privo degli amplessi di una donna”.
Intanto, il suo amico Alipio, che, dopo una fugace esperienza di unione carnale nella adolescenza, viveva in perfetta continenza, cercava di dissuadere Agostino dal prendere moglie. Agostino invece si sentiva incatenato da quello che definiva il morbo della carne, cioè la “violenta abitudine di saziare l’insaziabile concupiscenza”. Anche la concupiscenza onesta, evidentemente. Con l’aiuto della madre, Agostino mise gli occhi su una giovane, troppo giovane però per il matrimonio: le mancavano ancora due anni per l’idoneità al matrimonio. Nel frattempo, con dieci amici, alcuni dei quali assai facoltosi, stava congetturando di crearsi una sorta di esistenza cenobitica, lontano dalle distrazioni del mondo. Si arenò la proposta appena avvertirono l’impossibilità di una effettiva realizzazione, dal momento che alcuni di loro erano sposati e altri miravano al matrimonio. Quando, comunque, giunse il momento di separarsi dalla donna che aveva conosciuto a Cartagine ed era rimasta con lui, a lui fedele fino a quel momento, ma che costituiva ostacolo al suo ingresso nella Milano bene per la sua origine plebea, Agostino ne sentì lo strazio: “Mi era stata strappata, come un impedimento al matrimonio, la donna che era compagna di letto e il cuore, che le era legato, era per me colpito e ferito e sanguinante. Quella donna era tornata in Africa, facendo a Te il voto di non conoscere nessun altro uomo, dopo aver lasciato presso di me il figlio naturale che avevo avuto da lei”. Agostino invece non riuscì nemmeno a resistere per i due anni che mancavano al matrimonio riconosciuto. Si procurò nel frattempo un’altra donna, benché la ferita per la separazione dalla madre di Adeodato non si fosse rimarginata. Era talmente insaziabile di immergersi, fino a lasciarsi sommergere, nei piaceri carnali, che avrebbe aderito persino ad Epicuro, se questi non avesse negato una immortalità nella quale poter vivere le voglie carnali del corpo, incapace com’era di pensare alla luce della verità e alla bellezza degna di essere amata per se stessa. L’unico sollievo, l’unica felicità: l’amicizia di Alipio e di Nebridio.
La Provvidenza intanto gli fece incontrare il mondo filosofico dei Platonici che favorirono in Agostino la soluzione di due problemi: l’esistenza di realtà che trascendono la materia, in particolare la trascendenza di Dio, che, edotto nella filosofia manichea pensava “come qualcosa di corporeo, come una grandezza estesa per spazi infiniti”; e il superamento della dicotomia tra il Bene e il Male, nella soluzione dell’identità del male non come entità di una massa corporea, con una sua consistenza, ma come “privazione del bene”. Al “Donde deriva il male?”, domanda che era stata a lungo il tormento della mente di Agostino, in pieno travaglio, ha trovato sancita la riposta nell’aforisma “il male è privazione del bene dovuto”, che chiarisce il senso dell’interrogativo: “Che cosa è il male?”.
Il libro settimo de Le Confessioni è praticamente dedicato all’analisi e alla soluzione di questi problemi di natura filosofica. Una cosa tuttavia Agostino riconosce ormai stabile nel suo animo, anche sollecitato dal pensiero della morte: la fede della Chiesa cattolica in Gesù Cristo. Nel frattempo riesce a staccarsi dalle credenze legate all’astrologia tanto declamate dal Manicheismo.

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