La creazione: atto di gratuita benevolenza
Anche nell’ultimo libro delle Confessioni, il tredicesimo, Agostino approfondisce il tema della creazione. Ma ne precisa il senso individuandolo nella assoluta gratuità della benevolenza di Dio. Dio infatti non aveva bisogno della creazione...
Anche nell’ultimo libro delle Confessioni, il tredicesimo, Agostino approfondisce il tema della creazione. Ma ne precisa il senso individuandolo nella assoluta gratuità della benevolenza di Dio. Dio infatti non aveva bisogno della creazione. Nemmeno della creazione dell’uomo. L’uomo ha solo da ricevere nel prestare il culto a Dio, nel senso che non può arrogarsi di essere un creditore di Dio, ma deve riconoscersi un debitore suo e un bisognoso: “Tu non avevi bisogno di me; e io non sono un bene dal quale Tu possa trarre giovamento... né sono tale che, se venisse meno il mio ossequio, il tuo potere verrebbe diminuito. E così il culto che ho per Te non è come quello che si ha per la coltivazione della terra, al punto che senza il mio culto, Tu saresti incolto. Io invece devo essere tale da servirti e prestare il mio culto per ricevere il bene da Te, da cui dipende anche il mio essere, capace di ricevere il bene”.
Nessun merito precedente della creazione stessa avrebbe impegnato e in qualche modo obbligato Dio a trasformare l’informe già creato per pura benevolenza nelle forme armoniose successive: “Quali meriti avevano per essere, sia pure informi, dal momento che, senza di Te, non avrebbero potuto essere neppure in questa maniera?”.
Osserva Agostino che l’informe, ribadiamolo, cioè l’equivalente della materia da cui è partito il big bang, non rendeva soddisfatto Dio. Dio ha mirato a fare della creazione qualche cosa di perfetto, davvero degno di lui. In riferimento poi all’essere vivente e in specie all’uomo, precisa ulteriormente come dato davvero degno del vertice della creazione, qual è l’essere umano, che nell’essere dell’uomo è cromosomicamente radicato il senso della felicità, in quanto partecipazione all’essere di Dio, somma felicità: “Il suo stato informe non ti sarebbe piaciuto, se non fosse diventata luce, non in forza del suo essere, ma con la visione della luce illuminante e aderendo ad essa... Soltanto Tu sei così, perché Tu solo sei in modo semplice, Tu per cui il vivere non è altro dal vivere felicemente, in quanto Tu sei la felicità”.
Agostino non si stanca di ribadire concetti di fondo, come quello della assoluta libertà da parte di Dio nel creare l’universo. Non ne aveva necessità. L’unica vera ragione della creazione sta nell’assoluta bontà di Dio. La creazione è dunque atto della gratuita benevolenza di Dio. E proprio nel creare l’essere a Lui più somigliante, l’uomo, l’ha voluto illuminato della sua verità e vibrante della sua felicità: “Che cosa verrebbe a mancare al bene che Tu sei a Te stesso, se queste realtà non fossero affatto o fossero rimaste informi, dal momento che Tu non le hai fatte per un bisogno, ma per la pienezza della tua bontà?... A Te che sei perfetto dispiace la loro imperfezione, per cui diventano per te perfette in modo che Ti piacciano e non perché Tu sia imperfetto al punto che Tu venga reso perfetto dalla loro perfezione. Era la tua volontà incorruttibile e immortale, che basta a se stessa, a posarsi su quella vita che Tu stesso avevi fatto, per la quale non è lo stesso il vivere e il vivere felicemente in quanto essa vive anche fluttuando nella sua oscurità, alla quale rimane però il bisogno di essere convertita a colui dal quale è stata fatta, il bisogno di vivere sempre più presso la sorgente della vita e nella luce di essa vedere la luce e diventare perfetta, illuminata e beata”.
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