Tante sorprese tra i giocattoli animati
Toy Story 4
(Usa, 2019)
Regia: Josh Cooley
Animazione
Durata: 100’
Valutazione Cnvf: consigliabile/poetico/famiglie
Quanta acqua è passata sotto i ponti e quanti pixel sugli schermi dal primo Toy Story, che risale al 1995, anno che dal punto di vista produttivo e tecnico appare lontanissimo.
Alla Pixar non c’è più John Lasseter, che la fondò e la portò al massimo successo, anche con l’aiuto di Steve Jobs. Nella versione italiana non c’è più la voce di Fabrizio Frizzi, purtroppo mancato troppo presto, qui sostituita comunque in modo egregio da quella di Angelo Maggi.
Alla quarta avventura del più straordinario gruppo di giocattoli di sempre, in questo caso scritta da Stephany Folsom e Andrew Stanton, non mancano le sorprese.
Lo sceriffo Woody, il suo sodale astronauta Buzz Lightyear e tutto il gruppo dei giocattoli che siamo stati abituati a conoscere sono ormai di proprietà della piccola Bonnie, che si sta preparando per iniziare a frequentare la scuola dell’infanzia.
Nel giorno di preambientamento la bambina costruisce con materiali di riciclo un simpaticissimo pupazzetto, che verrà chiamato Forky e intorno al quale si incentra la vicenda raccontata nel film.
Come sempre nelle grandi produzioni Pixar, Toy Story 4 è opera che può essere vista su diversi piani di analisi. A quello della narrazione principale, infatti, si aggiunge, come minimo, un importante sottotesto continuo che ci parla della necessità, essenziale ed esistenziale per ciascuno di noi, di aver chiarezza sulla nostra identità.
Forky non riesce a convincersi di essere un giocattolo e rivendica per molto tempo la sua origine, magari non nobile ma per lui molto rassicurante, di prodotto di scarto.
Ma anche Woody non è più così sicuro di avere per missione quella di rendere felice il bambino o la bambina che ne è diventato proprietario.
Così come la bambola Gabby Gabby, incontrata in un negozio di antiquariato vicino al luna park dove Bonnie e i suoi sono in vacanza, sta cercando di capire se con un nuovo apparato vocale potrà realizzare i suoi sogni.
E come Bo Beep, la pastorella con pecore al seguito che decorava una lampada e che il gruppo aveva perso nove anni prima, incontrata di nuovo nello stesso luna park, dimostra nei fatti di essersi decisamente emancipata dalla sua precedente immobilità.
Costruito per una lunga seconda parte quasi in unità di tempo e di luogo, Toy Story 4, che non lesina citazioni cinematografiche e, come nei precedenti episodi, momenti di ammiccamento all’horror che lo rendono un po’ inquietante per gli spettatori più piccoli, è nel finale pieno di sorprese importanti, che qui non vanno svelate, che preludono forse a un diverso futuro produttivo e narrativo.
A metterlo insieme con i titoli precedenti, costituisce l’elemento di una quadrilogia fondamentale.
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