Il giornalismo con la schiena dritta
The Post
(Usa, 2017)
Regia: Steven Spielberg
Con: Meryl Streep, Tom Hanks, Sarah Paulson, Bob Odenkirk
Durata: 115’
Valutazione Cnvf: consigliabile/problematico/dibattiti
In epoca di fake news e giornalettismo miserabile, scandalistico e manipolatore – che purtroppo non manca nemmeno da noi – un film come The Post è una boccata di aria fresca e di speranza, anche se si riferisce a tempi passati.
Siamo nella tradizione del grande cinema americano sul giornalismo, non solo perché a dirigere c’è un insuperabile Steven Spielberg e a interpretare due campioni come Meryl Streep e Tom Hanks, ma anche per lo straordinario rapporto che Hollywood ha sempre intrecciato con le vicende storiche e le azioni degli organi di informazione. Da Quarto potere (1941) di Orson Welles ad oggi – ma altri ce n’erano prima e sicuramente altri ne seguiranno – sono moltissimi i titoli, quasi sempre di ottima se non eccellente qualità, che intrecciano cronaca e sua narrazione spettacolare.
In questo caso siamo dalle parti di Tutti gli uomini del presidente (1976) di Alan J. Pakula, perché epoca storica e ambientazione sono le medesime.
È il 1971. Gli Stati Uniti sono ancora impegnati nella guerra del Vietnam. Un funzionario del Pentagono, Daniel Ellsberg, fa arrivare all’opinione pubblica settemila pagine di documenti che raccontano nei dettagli fatti e misfatti del coinvolgimento militare americano. Sono i Pentagon Papers, di cui parla in prima battuta il New York Times e che vengono poi ripresi dal Washington Post.
Nella memoria anche dei più disattenti spettatori televisivi italiani dovrebbe esser riposta da qualche parte una buona serie trasmessa dalle reti Mediaset negli anni Ottanta, che si intitolava Lou Grant. Era uno spin-off (cioè una serie che ne deriva da un’altra) di una più leggera che prendeva il titolo dal nome della protagonista, Mary Tyler Moore. Quella serie, che raccontava le vicende di un quotidiano, era ispirata alla figura di Katharine Graham, proprietaria del Post e donna di rigore davvero raro. Meryl Streep è eccezionale, una volta di più, nel tratteggiarne carattere e caparbietà, in una temperie nella quale le pressioni del potere politico (a partire dallo stesso Richard Nixon che pochi anni più tardi fu implicato nel Watergate raccontato dal film di Pakula) erano fortissime. La Graham si faceva forza di una eccezionale squadra di collaboratori, in quel caso capitanata dal direttore Ben Bradlee, nei panni del quale si cala un altrettanto bravo Tom Hanks.
Come quasi sempre in questi casi, il film, anche grazie all’ottima sceneggiatura di Liz Hannah e Josh Singer, ha i ritmi di un giallo. Un giallo dove l’assassino non è un singolo ma un sistema di potere che in modo ricorrente tende a considerarsi intoccabile, ma che il vero giornalismo riesce a smascherare e mettere in discussione.
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