“Suffragette”, eroine della storia
Suffragette
(Gran Bretagna, 2015)
regia: Sarah Gavron
con: Carey Mulligan, Helena Bonham Carter, Meryl Streep, Natalie Press, Anne-Marie Duff, Ben Whishaw, Brendan Gleeson
durata: 106’
giudizio Cnvf: consigliabile/problematico/dibattiti
Forse sarebbe il caso di raccontare alle ragazze che magari andranno a votare per la prima volta in occasione di una tornata di elezioni amministrative o di referendum, che il 2016 è distante appena settant’anni dalla prima volta in cui nel nostro Paese le donne poterono accedere al suffragio universale. Ma questo potrebbe anche essere solo un dato storico, se non si ricordasse loro, e a tutti noi, come fa il film di Sarah Gavron, che non è mai stato dato nel corso del tempo l’ottenimento di diritti che a noi oggi potrebbero sembrare elementari senza lunghi e spesso dolorosi percorsi di rivendicazione.
C’è un momento potentissimo in Suffragette, non l’unico, ma probabilmente quello più efficace, costruito con una sfocatura fino al bianco assoluto delle donne-attrici (cast memorabile senza mai una sbavatura) che stanno per uscire in strada a seguire il funerale della loro compagna che si è immolata per la causa, al quale si sovrappongono in dissolvenza incrociata le immagini documentarie dello stesso funerale ripreso dai cineoperatori nel 1912 (e ancora una volta è possibile apprezzare quanto il cinema diventi fonte storica a partire dalle sue origini). Sono le donne di quell’epoca, donne vere e vere in quanto appunto documentate anche cinematograficamente, che testimoniano quanta sofferenza e tenacia ci siano volute per ottenere l’accesso alla vita pubblica a pieno titolo. Non abbiamo di fronte la ricostruzione di un’epoca remota in una terra senza regole. Siamo nella civilissima Inghilterra dei primi anni del Novecento, patria quattro secoli prima della Magna Charta Libertatum e culla di grandi innovazioni politiche, tecniche, sociali. Eppure anche lì – come, e ce lo ricordano opportunamente le didascalie finali, molte nazioni dopo il Regno Unito e altre che ancora nel terzo millennio non sono arrivate a concedere il voto alle donne – sembrava che nulla potesse cambiare e che, anzi, i cambiamenti che venivano a gran voce richiesti avrebbero portato alla dissoluzione della convivenza civile, al caos, alla catastrofe.
Così come non si aveva a che fare con orde di isteriche disadattate, ma con la (provvidenziale) saldatura tra signore della buona borghesia che avevano elaborato strategie e tattiche per ottenere i diritti ai quali sapevano di poter e dover accedere e donne del popolo che avrebbero unito al diritto di voto, ad esempio, il riconoscimento della maternità come responsabilità e possibilità di decisione nei confronti dei figli che fino ad allora era assegnato solo ai padri. Dimostrano, e non è mai inutile ribadirlo, come dice in un momento emozionante Maud Watts, il personaggio interpretato da Corey Mulligan, che «è la possibilità di pensare che la vita può essere diversa».