L’umile miglio, cereale che sfama interi popoli chiedendo poco per sé
Da poco iniziato il 2023 dedichiamo questo primo spazio della rubrica settimanale non a una Giornata particolare, ma alla speciale attenzione che le Nazioni Unite chiedono di avere per questi prossimi dodici mesi...
Da poco iniziato il 2023 dedichiamo questo primo spazio della rubrica settimanale non a una Giornata particolare, ma alla speciale attenzione che le Nazioni Unite chiedono di avere per questi prossimi dodici mesi. L’Assemblea generale l’ha infatti stabilito Anno internazionale del miglio. Si tratta di una delle prime piante coltivate (o addomesticate) dall’uomo, con la sua altezza che arriva fino ad un metro e mezzo e i suoi piccoli semini lisci commestibili. Molto consumato nell’antica Roma e nel Medioevo, al posto della carne, rimane ancora oggi una coltura fondamentale in Asia e Africa subsahariana. Il lungo e forte passato, così come la poca considerazione nel presente (3% del commercio globale di cereali e il pregiudizio occidentale di essere cibo per gli uccellini), non gli impedisce di essere proposto come “la pianta del futuro”, soprattutto davanti a tre sfide importanti come i cambiamenti climatici, la fame e la salute. Alla prima può rispondere con la sua capacità di adattamento ai diversi terreni – anche siccitosi, poveri di nutrimenti e fertilizzanti – oltre che al suo non necessitare di molta acqua; al problema della fame, legato a sua volta al primo oltre che all’aumento della popolazione, può sopperire con una produzione facile ed economica. Infine può supportare un’alimentazione e una vita più sana perché si propone con un grande contenuto nutrizionale (superiore per esempio a grano, mais e riso) che lo inserisce nella categoria dei nutri-cereali, dal momento che contiene parecchie fibre che stimolano il transito intestinale e aumentano il senso di sazietà, proteine qualitativamente migliori e più digeribili rispetto a quelle degli altri cereali, buona presenza di ferro, antiossidanti e vitamina B, mentre è privo di glutine quindi si adatta all’alimentazione dei celiaci e ha basso indice glicemico aiutando così a contrastare il diabete. Il direttore generale della Fao, il sessantenne cinese Qu Dongyu, spiegando l’iniziativa ha sottolineato pure come una quantità e qualità migliore nella produzione del miglio porta con sé anche altri vantaggi: promuovere la biodiversità, trasformare i sistemi agroalimentari, dare più potere ai piccoli agricoltori, fornire posti di lavoro dignitosi a donne e giovani, stimolare la crescita economica, creare un mercato sostenibile e innovativo, contrastare i possibili shock produttivi legati alla concentrazione su pochi cereali. Gli esperti dicono che sotto l’unico nome “miglio” si trova in realtà un gruppo eterogeneo di cereali, chiamati fonio, teff, finger, browntop, sorgo (o grande), kodo (o indiano), barnyard (o da cortile), a coda di volpe, piccolo, perlato e altri. Sul commercio è presentato soprattutto in tre modi: in chicchi decorticati che, una volta cotti, sono ottimi per zuppe, polpette, insalate, sformati e molto altro; in fiocchi, da consumare principalmente con latte e yogurt; come farina, ottima per preparare torte e biscotti; sotto forma di bevanda, ovviamente totalmente biologica.
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