Un medico vecchio stampo ma credibile e di successo
Abituati ormai agli ospedali moderni, superefficienti e attrezzati che caratterizzano le trasmissioni dei più seguiti medical drama, dal celebre telefilm statunitense E.R. – Medici in prima linea fino alla più recente produzione italiana di Doc – nelle tue mani...
Abituati ormai agli ospedali moderni, superefficienti e attrezzati che caratterizzano le trasmissioni dei più seguiti medical drama, dal celebre telefilm statunitense E.R. – Medici in prima linea fino alla più recente produzione italiana di Doc – nelle tue mani, la serie britannica Doc Martin mostra in tutt’altro modo l’esercizio della professione sanitaria. Il programma, arrivato alla decima e ultima serie, ci porta in un paesino della Cornovaglia, con il cielo sempre plumbeo, abitato da contadini e pescatori. È lì che dopo una carriera ospedaliera improvvisamene interrotta, un acclamato chirurgo inizia una seconda vita come medico di famiglia. Egli, sempre impeccabilmente vestito, impassibile e raffinato nei modi, non usa le maniere più concilianti e amorevoli verso i suoi assistiti, impersonando al meglio il tipo di dottore austero di un tempo, che non si lascia coinvolgere dal paziente, certo del suo personale motto: “Non è il conforto che guarisce”. Un personaggio del genere sempre distaccato in un piccolo contesto crea, come si può bene immaginare, notevoli difficoltà e problemi per le persone che, invece, tra loro costituiscono una grande comunità unita. Ma l’inflessibile professionista nel corso del tempo riuscirà perfino a innamorarsi e a creare una famiglia con l’insegnante di quel comune.
L’ambientazione rimanda a quella sicuramente più povera, ma comunque con parecchie somiglianze, della Cittadella, con Alberto Lupo, celebre sceneggiato di sessant’anni fa, trasposizione televisiva del romanzo di Cronin. L’attore protagonista, Martin Clunes, con i suoi occhi di ghiaccio, incarna al meglio il prototipo di una persona perbene che si concede molto poco a esternare i propri sentimenti. A catturare l’attenzione del telespettatore è il fatto che il dottore, pur essendo emofobico, cioè abbia paura del sangue, riesca non solo a indovinare ogni diagnosi, anche la più complicata, ma gestisca, con po’ di timore altrui, una vita sociale tutto sommato accettabile. Il sanitario, inoltre, riesce a coniugare un’intensa attività di ricercatore, per la quale è chiamato a tenere conferenze in prestigiosi consessi, occupandosi al tempo stesso delle sintomatologie più semplici e comuni. Con un buon livello di recitazione da parte di tutti gli attori, la storia appare credibile e per questo ha raggiunto un numero di serie così elevato.
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