Un cd di Chailly aiuta a riscoprire il patrimonio musicale di Cherubini
Sarà forse stato anche per un moto di ironia nera, per stupire e provocare, ma è noto l’aneddoto secondo il quale Brahms chiese di essere sepolto con un ritratto di Luigi Cherubini tra le mani...
Sarà forse stato anche per un moto di ironia nera, per stupire e provocare, ma è noto l’aneddoto secondo il quale Brahms chiese di essere sepolto con un ritratto di Luigi Cherubini tra le mani.
Di certo però il compositore fiorentino, nato nel 1760 e morto nel 1842 (del quale dunque quest’anno si celebra il 260° anniversario della nascita) rappresenta uno dei casi più rilevati in cui alla massima gloria in vita non ne corrisponde altrettanta alla prova degli anni. Ben vero, stiamo parlando di presenza nei concerti, di popolarità presso il vasto (si fa per dire) pubblico della musica accademica, non della musicologia né della cultura dei musicisti. Fatto sta che colui che venne accolto a Vienna da Haydn; che venne dichiarato da Beethoven “il massimo musicista drammatico vivente”; che diresse il Conservatorio della capitale del mondo, Parigi, per vent’anni, ebbene: fatto sta che Luigi Cherubini oggi è un nome sì rispettato, ma con le dovute distanze, per dir così.
Negli ultimi decenni, è stato soprattutto Riccardo Muti a proporne musiche con costanza, nei concerti e nelle incisioni discografiche, fino a fondare, nel 2004, un’orchestra giovanile espressamente dedicata al compositore. Oggi anche un altro grande direttore dei nostri tempi, Riccardo Chailly, ha deciso di occuparsi della riscoperta del patrimonio musicale di Cherubini, dando alle stampe un cd dal titolo Cherubini Discoveries (Decca), che propone una silloge di brani orchestrali per lo più in prima registrazione mondiale, a fianco della più frequentata Sinfonia in Re maggiore. Si tratta di una raccolta con un gran numero di musiche di circostanza, Marce per svariate occasioni celebrative, attraverso le quali – seppur con minore intensità di presenza rispetto alla Sinfonia, oppure ai Requiem e alle Messe che si trovano in catalogo nelle interpretazioni di Muti – è possibile avere un ampio saggio delle capacità supreme di Cherubini nell’orchestrazione, nella concezione formale all’insegna di uno sbalzo che davvero può affiancarsi alle coeve opere di David, Canova o Ingres quanto a tensione verso la plasticità, l’equilibrio e la virile grazia composta di una nuova classicità. Cherubini neoclassico, del resto, è formula che funziona ma rischia di limitarne lo spazio espressivo. Si prenda la Sinfonia: la cantabilità tematica conserva un sapore mediterraneo ben più significativo di quanto possa udirsi in brani della medesima temperie artistica, come se in Cherubini le più raffinate minuzie armoniche e contrappuntistiche – quelle che appunto stagliano la campitura neoclassica – fossero parametri da trattare solo in funzione della melodia, del canto spiegato e dunque del pathos più diretto, nel quale puoi udire dunque una sorta di nostalgia, e di tensione lirica, che al di là della sapienza costruttiva cifrano una personalità creativa del tutto peculiare. Non sarebbe stato infatti così apprezzato operista, Cherubini, se nel suo capolavoro Medea non avesse saputo cogliere, nel dialogo drammatico, la forza, il dolore e lo strazio che il mito classico porta con sé. Né avrebbe potuto anticipare il romanticismo storico e cavalleresco con Les Abencérages (a quando finalmente un’incisione completa?), nel 1813, un grand opéra certo qua e là pletorico, ma di inestimabile valore quanto a creazione di un nuovo immaginario melodrammatico. Molte cose sono da recuperare all’ascolto e alla scena, di Cherubini, musicista tra i due mondi italiano e francese: il disco di Chailly può essere un buon viatico.
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