Quanto manca ai romanisti il Capitano!
Francesco Totti - Paolo Condò
Un Capitano
Rizzoli - Milano 2018
pp. 512 - euro 21
«Capità, io dovevo uscì ’na settimana fa, finito, pena scontata. Però, quanno ho saputo che venivi, me so’ detto: “E quanno me ricapita l’occasione de famme ’na foto cor capitano in posa? Mai, campassi cent’anni…”. Allora ho chiesto de parlà cor direttore e l’ho implorato de restà fino ad oggi». Quest’episodio, narrato nell’introduzione al volume, è emblematico di quel che Francesco Totti ha rappresentato e rappresenta ancora per la Capitale e per i tifosi della Maggica (la Roma, ndr). Il detenuto che a Rebibbia chiede al direttore di restare una settimana di più in carcere per poter fare una foto insieme a quello che è stato il più forte calciatore giallorosso di tutti i tempi e, probabilmente, il più forte giocatore italiano degli anni Duemila, spiega forse meglio di tante parole il Capitano che si è raccontato nel libro scritto con Paolo Condò, una vita in giro per il mondo a raccontare il calcio per La Gazzetta dello Sport, dal 2015 opinionista di punta di Sky, dal 2010 l’unico giurato italiano che vota per il Pallone d’Oro.
A Francesco Totti il Pallone d’Oro è un riconoscimento che manca, e la cosa può sembrare incredibile se solo si pensa a uno dei tanti record ottenuti: 250 reti segnate in Serie A con la stessa squadra. E questa della fedeltà alla maglia giallorossa (619 partite in Serie A in 25 campionati consecutivi giocati con i colori della Roma, altro record assoluto a pari merito con il milanista Paolo Maldini) è la linea che attraversa e congiunge le 512 pagine dell’autobiografia edita da Rizzoli. In un mondo di variabili impazzite, Francesco Totti ha rappresentato una costante eccezionale, al punto che, ancor oggi, è lui, la sua immagine ad essere la più ricercata in ogni angolo del mondo. E la sua maglia numero 10, che non esiste più nella rosa della squadra giallorossa, continua ad essere la più venduta.
Leggendo la sua autobiografia si capisce perché: Totti è stato per cinque lustri, nel bene e nel male (raccontati nel libro: il cucchiaio a Van der Sar, lo scudetto del 2001, gli undici gol nei derby, il Mondiale del 2006, lo sputo a Poulsen, il calcione a Balotelli), la Roma, con una scelta di fedeltà che lo ha reso una leggenda anche all’estero (in Italia è difficile trovare eguali: forse solo Antognoni a Firenze o Gigi Riva a Cagliari).
Scontato aggiungere che, nei 19 capitoli che compongono il volume (uno dedicato ad Antonio Cassano, il più forte con il quale abbia mai giocato, e due dedicati a Luciano Spalletti), si comprende come ai romanisti manchi uno come lui; anzi, lui. Totti è unico, e usiamo il presente del verbo anche per la sua autobiografia, segnata già dalla copertina: la foto del campione che pare un ritratto degli anni Trenta, con quella faccia che sfida la luce dall’alto e che dice: «Mo te faccio er cucchiaio».
Si potrebbe quasi affermare che più che un’autobiografia, questo libro sia un romanzo popolare che narra le vicende di un grandissimo calciatore divenuto il desiderio frustrato di tutti quegli italiani che hanno bisogno di una bandiera da amare. Per sempre.
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