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Quando la sicurezza diventa una “malattia”

Salvatore Palidda
Polizie, sicurezza e insicurezze
Meltemi - Milano 2021
pp. 296 – Euro 20

Quando la sicurezza diventa una “malattia”

Se è vero che lacopertina di un libro è l’abito che colpisce immediatamente l’attenzione del lettore, non meno importante è la fascetta editoriale che, se presente, non solo aumenta la curiosità nei confronti del testo, ma sintetizza pure il pensiero dell’autore sull’argomento. Nel caso di Polizie, sicurezza e insicurezze, l’ultimo lavoro di Salvatore Palidda, la fascetta riporta la domanda: “Sicuri di essere al sicuro?”.

Per l’ex docente di Sociologia all’Università di Genova, si tratta di una domanda retorica: a quarant’anni dalla legge di riforma della Pubblica sicurezza e a 20 dai fatti del G8, si contano “più vittime di pratiche e abusi polizieschi e soprattutto vittime delle insicurezze ignorate appunto perché prive di protezione dello Stato e delle polizie e delle agenzie di prevenzione e controllo”.

L’autore afferma ciò sulla base di dati, documenti ed elementi raccolti – anche in modo disordinato – negli ultimi 20 anni sui cambiamenti in corso nelle forze dell’ordine non solo dell’Italia, ma anche di altri Paesi, a cominciare dalla Francia, dove ha conseguito il dottorato. Ne è venuto fuori uno studio di quasi trecento pagine, articolate in undici capitoli e cinque allegati, dove Palidda tratta delle strutture e delle funzioni delle polizie, della sicurezza urbana, della situazione nelle carceri, della devianza all’interno delle forze dell’ordine, delle statistiche criminali. Una realtà che comprende pure misfatti nei confronti dei quali non si opera con il necessario impegno. È il caso, ad esempio, degli incidenti lavorativi, a fronte dei quali i 74 ispettorati territoriali del lavoro hanno solo 4.500 dipendenti, mentre gli ispettori dell’Inail sono solo 246.

Di fronte a questi numeri, le autorità politiche, a partire dal 1990, hanno assecondato il discorso demagogico sulle “insicurezze di comodo” prodotte dai marginali (come, ad esempio, gli stranieri o quanti attentano al degrado urbano) e l’autonomizzazione delle polizie che, fra l’altro, ha creato e contribuisce a creare sprechi di mezzi, duplicazioni e sovrapposizioni di compiti.

In questa situazione, la domanda: “Sicuri di essere al sicuro?” ne pone un’altra, di stringente attualità: il poliziotto che ci controlla o ci chiede di rispettare i divieti non è forse l’espressione – tanto più pericolosa se inconsapevole – di un potere che sta usando il timore per la pandemia a fini di disciplinamento sociale? Forse, però, la pandemia ci ha accomunato e ci accomuna in una condizione di insicurezza e il libro di Palidda vuole magari anche spingerci ad uscire dalla “malattia della sicurezza”, spiegandoci che l’insicurezza è una condizione di base dell’essere umano.

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