La nave dei veleni e una morte avvolta nel mistero
G. Cazzato-M. di Milla
Navi mute. Il mistero sulla morte del comandante Natale De Grazia
Edizioni All Around
Roma 2020
pp. 208 - Euro 16
Le hanno chiamate in tanti modi, da “navi a perdere” a “navi della vergogna”. Giampiero Cazzato e Marco di Milla, gli autori di questo libro, hanno deciso di chiamarle “navi mute”, “creature di ferro che qualcuno ha voluto eliminare, di proposito, per relegarle ai silenzi delle profondità marine”.
Navi mute è la storia di un uomo dello Stato che stava indagando su queste imbarcazioni volutamente inabissate, morto misteriosamente il 13 dicembre 1995. Quel giorno una Fiat Tipo correva sulla Reggio Calabria-Salerno, diretta a La Spezia. A bordo due carabinieri e il comandante della Capitaneria di porto di Reggio Calabria, il capitano di fregata Natale De Grazia che, dalle parti di Nocera Inferiore, si sente male. I carabinieri lo adagiano sull’asfalto, chiamano i soccorsi e tentano un massaggio cardiaco, ma l’ufficiale muore. “Morte improvvisa dell’adulto”, scriverà la dottoressa che firmerà sia la prima che la seconda autopsia. Questa tesi verrà demolita dal consulente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, “mancando qualsivoglia elemento che possa in qualche modo rappresentare fattore di rischio per il verificarsi di tale evento”.
Nella città ligure l’ufficiale doveva reperire notizie sulla motonave da carico “Rosso” che il 14 dicembre 1990 aveva lanciato un Sos mentre transitava davanti a Capo Vaticano. Il comandante aveva chiesto aiuto perché la nave imbarcava acqua. L’arrivo di tre elicotteri da Catania permette di portare in salvo l’equipaggio. La “Rosso” anziché affondare va alla deriva per un paio d’ore, incagliandosi su una spiaggia a quindici chilometri da Amantea. Quando il giorno dopo una squadra di demolitori di Crotone arriva al relitto, non trova nessuna falla, bensì un buco dai contorni netti, che pare fatto con la fiamma ossidrica. È servito per far sparire una parte del carico quella notte? L’ipotesi viene avanzata dai carabinieri che indagano sul mancato naufragio di quella che una volta si chiamava “Jolly Rosso” e che, nell’ambiente marittimo, aveva un soprannome inquietante: la nave dei veleni. L’ipotesi di De Grazia e della sua squadra era che la nave fosse piena di rifiuti tossici o addirittura radioattivi e che il naufragio fosse stato simulato per smaltire illegalmente in fondo al mare un carico pericoloso e incassare i soldi dell’assicurazione.
Della morte del comandante De Grazia poco appare quei giorni sulla stampa. Fatto sta che dopo la sua scomparsa, le indagini sulle “navi mute” subiranno un duro colpo e il pool investigativo verrà sciolto da lì a poco. I risultati del lavoro condotto dall’ufficiale sono contenuti in questo libro articolato in tre parti comprendenti anche un’intervista alla vedova.
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