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La Calabria non è come la si racconta

Mimmo Nunnari
La Calabria spiegata agli italiani
Rubbettino - 2017
pp. 196 - euro 15

La Calabria non è come la si racconta

Alla fine dello scorso secolo vennero pubblicati i risultati di un sondaggio riguardante l’orgoglio degli italiani. Venne fuori che gli italiani più orgogliosi erano i calabresi.
Mimmo Nunnari è calabrese. Orgoglioso di sé stesso e della regione che nel 1947 gli ha dato i natali, non accetta l’idea che la sua Calabria sia la terra del male e i suoi abitanti criminali per fatto antropologico o genetico. Nel suo libro La Calabria spiegata agli italiani. Il male, la bellezza e l’orgoglio della nostra Grecia, Nunnari, giornalista professionista dal 1975, ha abbozzato alcune riflessioni sulle cause che hanno portato questa regione a divenire un luogo dalla democrazia affievolita. Nella storia – parafrasando una celebre espressione di Bertolt Brecht – la Calabria si è seduta dalla parte del torto, dato che tutti gli altri posti erano già occupati. E in questa posizione è rimasta fin dall’inizio dell’Unità. È questo, per Nunnari, il grande imbroglio storico di un’Italia fragile e debole nei gangli vitali della sua amministrazione pubblica.
Ma i calabresi sono responsabili di questa situazione o sono vittime orgogliose che aspettano pazienti che qualcosa prima o dopo cambi nella loro terra? Aveva forse ragione il veronese Cesare Lombroso che, studiando il teschio di Giuseppe Villella da Motta Santa Lucia, in provincia di Catanzaro, aveva concluso che delinquenti si nasce? E quanti sono oggi, in Italia, a pensare che i calabresi siano delinquenti nati? Per Nunnari sono parecchi, così come non pochi sono i corregionali che hanno delegato l’impegno civico all’eroismo quotidiano di magistrati, operatori di polizia, amministratori e politici coraggiosi.
Con i calabresi protagonisti nel bene e nel male, la culla della Magna Grecia, dei bronzi di Riace, dei filosofi Tommaso Campanella e Bernardino Telesio, del Codex Purpureus Rossanensis, del regista Gianni Amelio è, per Nunnari, l’espressione più emblematica della “frattura” italiana fra territori evoluti e ricchi e zone dove esiste un comune come San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza, in cui non è possibile eseguire un tracciato per le donne incinte.
Lontano da atteggiamenti autoassolutori, l’autore tenta allora di far comprendere agli italiani (sostantivo derivante da italòi, vocabolo con i quale i greci indicavano i Vituli, una popolazione che abitava la zona a sud dall’odierna Catanzaro) la difficoltà di decifrare la Calabria, difficoltà che fu pure dello scrittore Corrado Alvaro, il quale, in occasione di una conferenza tenuta a Firenze nel 1931, ebbe a dire: «Mi fu sempre difficile spiegare cos’è la mia regione».
Ci ha provato Nunnari, passando in rassegna il pensiero di antropologi, scrittori, sociologi, storici, politici che l’hanno raccontata ed invitando tutti a scendere orgogliosamente in campo: è una “ricerca (democratica) di uguaglianza e di riconoscimento dei diritti della persona, uguali per tutti nei territori di una stessa Nazione. È una questione di sopravvivenza per l’Italia.

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