I cappellani militari nella Grande Guerra
S. Aluisini - R. Dal Molin - M. Cristini
La croce in trincea
Itinera Progetti – Bassano (VI) 2016
pp. 144 – euro 22
Uno dei meriti della piccola e media editoria del nostro Paese è quello del recupero di vicende che, altrimenti, sarebbero dimenticate. La bassanese Itinera Progetti è una casa editrice specializzata in storie e memorie della Prima Guerra mondiale che recentemente ha dato alle stampe La croce in trincea, un volume di 144 pagine e 210 foto curato da Stefano Aluisini, Marco Cristini e Ruggero Dal Molin.
I tre autori hanno tratteggiato la figura dei cappellani militari arruolati il 12 aprile 1915 con una circolare del generale Luigi Cadorna. Gli atti di eroismo di cui furono protagonisti sono espressi non solo negli encomi ricevuti (tre medaglie d’oro, 137 d’argento e 295 di bronzo), ma pure nei 93 cappellani deceduti e in quelli fatti prigionieri: 110, fra cui padre Giulio Bevilacqua, nato ad Isola della Scala il 14 settembre 1881 ed arruolato nel 1915 come ufficiale degli Alpini. Decorato con due medaglie al valor militare, venne fatto prigioniero nel 1917 e liberato il 6 novembre 1918.
Padre Bevilacqua, dunque, ma pure mons. Angelo Bartolomasi, primo vescovo castrense, il cappellano don Angelo Giuseppe Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII, i feldkurat padre Giovanni Gogal e Bruno Spitzl, questi ultimi due “eroi che amano i nemici”, come si intitola un capitolo del volume. Nell’esercito austroungarico, dove i rapporti con la Chiesa erano più datati rispetto a quello italiano, i cappellani hanno un maggior effetto sulla disciplina, sul morale e sull’umanità delle truppe. Bruno Spitl, ad esempio, fece sì che gli uomini del 59° “Erzherzog Rainer”, il reggimento di fanteria di cui era feldkurat, si impegnassero strenuamente per salvare i militari italiani sepolti il 23 settembre 1916 sotto la mina del monte Cimone. Il feldkurat Giovanni Gogal, invece, raccolse morente l’alpino Giuseppe Neri durante l’attacco al monte Chiesa e provvide a seppellirlo insieme ai caduti austroungarici, dandone poi notizia al nostro ministero della Guerra.
Nel libro un cenno viene fatto anche alle vicende delle infermiere come Dorothy Snell, la matron inviata dalla Gran Bretagna a Roma per dar vita alla scuola convitto per infermiere “Regina Elena”. Il 25 maggio 1915 il ministero della Guerra affidò alla scuola la gestione dei 250 posti dell’ospedale militare di Verona e lei partì subito con alcune infermiere per un sopralluogo. In seguito Dorothy Snell, che nel 1917 si era convertita al cattolicesimo, stracciò i telegrammi che le imponevano il rientro a Roma dopo la disfatta di Caporetto, preferendo portare rifornimento ed assistenza ai soldati feriti.
La croce in trincea è un libro toccante, dove gli episodi e i ricordi si fondono con le foto a tal punto da rendere concreti i sentimenti e le emozioni di chi, a quel conflitto, ha partecipato senz’armi.