Il Fatto di Bruno Fasani
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Quando le proteste dei No-vax nascondono strategie politiche

Esasperato, da oggi, mi nomino ad honorem “giornalista terrorista”. È questo l’insulto più frequente che i No-vax riservano alla categoria, nelle loro manifestazioni di piazza...

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Esasperato, da oggi, mi nomino ad honorem “giornalista terrorista”. È questo l’insulto più frequente che i No-vax riservano alla categoria, nelle loro manifestazioni di piazza. E giusto per essere coerenti con i loro proclami, sabato scorso hanno aggredito e ferito una giovane collega di Rainews, intenta a fare il proprio dovere.
Non ho nulla a priori contro i No -vax. So che molti sono in buona fede e sono mossi dalla paura, più che da un rifiuto del vaccino. Soprattutto dopo che Luc Montagnier, premio Nobel, ha dichiarato, sia pure in solitaria, che “i vaccini a Rna possono causare danni genetici”. E così, in attesa di vedere se poi sarà anche vero, molti si sono accodati per dire: no grazie. Conosco coppie che attestano problemi nel Dna, che renderebbero incompatibile l’uso dei vaccini. Sarà. Poi scopro però che alle spalle hanno figli appartenenti a movimenti di estrema destra. E, allora, qualche dubbio mi viene. So anche di altri che temono di andare a incrementare quelle percentuali minime di sfortunati che finiscono per avere reazioni avverse. In alcuni casi anche la morte. Si fa presto a dire che si tratta di casi rarissimi. Sta di fatto che nessuno di noi vorrebbe diventare caso rarissimo e quindi un po’ di paura può risultare anche comprensibile.
Se è vero che c’è una percentuale di No-vax che meritano considerazione e rispetto, c’è tutta un’altra frangia che si fregia del nome per buttarla in politica, anarchica e violenta. È quella che considera i giornalisti come dei terroristi. Ancora sabato scorso, a Milano, hanno assaltato il gazebo del M5S. Ormai nelle piazze consumano manifestazioni violente non autorizzate in continuazione. Mentre scrivo preannunciano per il primo settembre il blocco di 54 stazioni dei treni in tutta Italia. Se non possiamo viaggiare senza Green pass, neppure chi ce l’ha lo potrà fare. Questa è la loro filosofia e questi sono i principi democratici del loro senso della libertà. Per il 6 settembre annunciano l’arrivo a Montecitorio, per dire che la sfida arriva direttamente a Palazzo.
A questi No-vax non credo più. Anzi li considero una frangia estremista che la politica deve gestire per quello che sono, ovvero dei movimenti in cerca di visibilità e protagonismo.
Del resto basterebbe vedere le sigle di appartenenza. Dall’estrema destra di Forza Nuova e Casa Pound all’estrema sinistra di Voce Operaia e Campo antimperialista di Assisi, senza tralasciare movimenti anarchici e centri sociali. A questi andrebbero poi aggiunte nuove formazioni minori di protestatari nostrani e altre importate dall’estero. Tra queste, QAnon che si ispira ai seguaci del non rimpianto Donald Trump, i Gillet gialli francesi e il Wwd, meglio conosciuto come raduno mondiale per la libertà. Uno dei suoi leader, Caleb Wallace, padre di tre figli e in attesa del quarto, è morto in questi giorni di Covid-19, dopo un mese di ospedale.
Da questo scenario nasce una domanda. Perché è sostanzialmente l’estremismo, nelle sue varie e opposte colorazioni, a rifiutare le vaccinazioni e il conseguente obbligo del Green pass? Il dubbio è che in questi momenti di profonda crisi sociale, a vari livelli, loro colgano l’occasione per far emergere quella ispirazione antidemocratica e di rifiuto della collaborazione sociale, che la situazione di emergenza invece richiederebbe. Un rigurgito di protesta, dove il vaccino è solo un pretesto, per emergere dal limbo della irrilevanza politica, dai sotterranei in cui sono abitualmente confinati quando le regole di democrazie mature funzionano.
Il problema non è quindi una questione sanitaria ma essenzialmente politica e solo una risposta politica potrà disinnescare un fenomeno che nasconde dietro la nobiltà della causa, intenzioni e stili che di nobile hanno ben poco.

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