Il bisogno disperato di questo mondo del respiro dello Spirito
Si dice che lo Spirito Santo, la cui festa ci apprestiamo a celebrare, non goda di molta popolarità dalle nostre parti. Relegato nei confini di una certa spiritualità disincarnata, ha finito per occupare un posto sullo sfondo, come scenografia importante, ma non indispensabile all’azione
Si dice che lo Spirito Santo, la cui festa ci apprestiamo a celebrare, non goda di molta popolarità dalle nostre parti. Relegato nei confini di una certa spiritualità disincarnata, ha finito per occupare un posto sullo sfondo, come scenografia importante, ma non indispensabile all’azione. Eppure lo spirito, che sia maiuscolo perché santo, o minuscolo perché di questo mondo, è il motore che muove ogni coscienza. È da lì, da dentro (lo si chiami cuore, anima o psiche) che parte tutto. È da lì che partono le intenzioni, il volere e l’agire. Purtroppo non va molto di moda parlare di spirito, men che meno di Spirito. Abituati a coltivare il guscio esteriore, bello, giovanile, ritoccato al botulino, ci si è convinti che per camminare i passi della vita basti una gamba sola. Con il bel risultato che si zoppica vistosamente ma, come sempre accade, anche all’handicap si fa l’abitudine, imparando a conviverci.
Per un cristiano avere lo Spirito, questa volta maiuscolo, significa assimilare quella forza ispiratrice che mosse l’agire di Gesù e che Lui, morendo in croce, emise in un soffio d’amore sopra la nuova comunità di credenti mandati nel mondo a continuare la sua opera. Il che pone un’altra domanda: cosa è venuto a fare Gesù tra gli uomini e, di conseguenza, cosa dice di fare questo Spirito alle nostre coscienze?
Sappiamo che sono diverse le risposte possibili, benché complementari. Rimane classica l’interpretazione orientale. Dio si è fatto uomo, perché l’uomo diventi Dio. Così affermava sant’Atanasio nel IV secolo. Affermazione ripresa dal Catechismo della Chiesa cattolica al n. 460. Definizione lapidaria quanto rivoluzionaria. Mi chiedo quanto la perdita di sacralità della persona influisca sul costume contemporaneo. Penso alla donna usata e abusata dentro l’indifferenza di un mondo che ne fa scempio in nome della libertà dei costumi. Si piangono le vittime dei femminicidi, ma si resta impassibili davanti alla profanazione costante della sua dignità. Penso all’indifferenza con cui l’aborto è celebrato come conquista di civiltà, o alla pretesa che lo Stato garantisca il suicidio assistito, come espressione di libertà. Penso agli anziani e alle logiche utilitaristiche che li rendono spesso presenze di disturbo, da confinare negli spazi asettici, come scarti da raccolta differenziata. Penso alle logiche finanziarie o di mercato, che sfruttano le ricchezze dei poveri, salvo chiudere occhi ed orecchi davanti alle loro condizioni o al grido di dolore che si innalza dalle loro miserie. Un giorno Dio ci chiederà conto di questo tempo, magari facendoci passare in rassegna barche di disperati, cariche di donne incinte, di bambini allattanti, con gli occhi pieni di speranza, oppure occhi spenti in fondo al mare.
Se l’Oriente ci ha consegnato la sacralità della persona, più vicino a noi si è detto che Gesù ha portato la salvezza. Salvezza è parola che viene dal latino e sta per salute. Guarire. È quanto ci chiede lo Spirito di Gesù in quanto suoi testimoni. Guarire la società dalle malattie che la infettano. E sappiamo bene che le prime e più gravi non sono quelle del corpo.
È una brutta e diffusa categoria quella dei farisei, mai morta e presente in tutti gli strati sociali. Si finge di essere “sani”. Come scriveva un acuto teologo: “l’onestà e il rigore dovrebbero farci arrossire non dei peccati, ma di tutte le maschere che indossiamo per nasconderli”. Il nostro tempo è tempo senza peccato. Seppellito sotto il mito del progresso, della libertà, dell’evoluzione del costume, del pluralismo… E senza coscienza d’essere malati non sentiremo neppure il bisogno del medico. Malati di... mondo, cosa che rende ancora più urgente il bisogno di uno Spirito maiuscolo, per tornare a vivere da cristiani credibili.
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