Il Calciastorie
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Quando a segnare è l’arbitro (e a sognare è il papà)

A differenza di Paperopoli e Topolinia, il Daghestan esiste. È una repubblica della Federazione Russa e, peraltro, è piuttosto grandina: 50mila metri quadri, tre milioni di abitanti e, ovviamente, un campionato di calcio seguito da pochi appassionati...

Parole chiave: Il calciastorie (121), calcio (136), Sport (139)

A differenza di Paperopoli e Topolinia, il Daghestan esiste. È una repubblica della Federazione Russa e, peraltro, è piuttosto grandina: 50mila metri quadri, tre milioni di abitanti e, ovviamente, un campionato di calcio seguito da pochi appassionati. La sfida tra Kiz e Manas del 2018, come tante altre, si gioca in un campetto come tanti, non certo in uno stadio. Quando l’arbitro fischia un rigore per il Manas, sulla battuta va il numero 7 Keese. Tra potenza e precisione, sceglie la prima, ma tutto sommato il tiro non è male. Peccato che il portiere intuisca, buttandosi dalla parte giusta, alla sua destra. Non è finita: dopo la respinta, il pallone viene colpito di testa e ribadito in gol, con un pallonetto beffardo. L’estremo difensore, a terra dopo il primo intervento, non può fare nulla, e neppure gli altri giocatori del Kiz, alla ricerca disperata di un salvataggio sulla linea. Tutto normale, se non fosse che l’autore del gol è stato l’arbitro, il quale non è riuscito a scansarsi in tempo. Il Kiz capisce ma chiede la ripetizione del penalty. Il regolamento, però, non prevede niente di tutto questo: anche durante una normale azione di gioco, se la palla colpisce l’arbitro si va avanti come se nulla fosse.
Un anno dopo, la storia si ripete. Siamo nella serie C olandese, e dopo venti minuti del secondo tempo il punteggio è di 3-1 per gli Harkemase Boys sull’Hoek. Gli ospiti si buttano in avanti per cercare di accorciare le distanze, ma la palla non vuole saperne di entrare in rete. Almeno fino a quando, dopo l’ennesima conclusione in porta, finisce sul palo, rimbalza sul ginocchio dell’arbitro, che segna. Per sua fortuna, non sarà un gol decisivo e neppure ci si stava giocando una promozione o una retrocessione, quindi bene così.
Penso ad Anna, che nascerà in questi giorni. Non mi credo l’arbitro della sua vita (forse all’inizio un po’ allenatore, per fortuna non l’unico; tifoso, invece, quello sempre). Ma, con gli anni, dovrò arrivare ad ammirarla da lontano, in modo da non intralciare, neppure involontariamente, le azioni della sua bella partita che sta per cominciare. Non vedo l’ora che arrivi il fischio d’inizio. Mentre scrivo, lo stiamo ancora aspettando. Ma forse, ora che state leggendo, è già arrivato.

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