Fu vera gloria... ma di breve durata
A Vicenza, in Serie B, aveva detto la sua, segnando valanghe di reti. Venti, come i miliardi di lire che il Milan decise di spendere per acquistarlo...
A Vicenza, in Serie B, aveva detto la sua, segnando valanghe di reti. Venti, come i miliardi di lire che il Milan decise di spendere per acquistarlo.
L’11 maggio del 2001 si gioca un derby che entrerà nella storia. La coppia d’attacco dei rossoneri è formata da un certo Andriy Shevchenko e da lui, Gianni Comandini da Cesena. A vedersela con Matteo Ferrari – nel giro dell’Under 21 – e Laurent Blanc, campione del mondo in carica con la Francia. Più i vari Di Biagio, Seedorf, Vieri: il palcoscenico è di quelli importanti. Passano due minuti e Serginho si beve un paio di difensori interisti e appoggia in mezzo per Comandini, che segna uno di quei gol che sembrano facili da realizzare, ma che non vanno dati per scontati. Al 13’ nuovo assist del brasiliano, stavolta dal fondo, e stacco di testa del centravanti romagnolo che mette il pallone alle spalle del portiere Frey. La partita finirà 6-0 per il Milan e di tanto in tanto è ricordata dai tifosi rossoneri ai loro non troppo amatissimi cugini. Nel tabellino dei marcatori figureranno anche Giunti, Sheva (doppietta) e l’instancabile Serginho. Ma il nuovo idolo delle folle sembra essere lui, Comandini, con l’immagine di quel saluto alla curva dopo la doppietta al primo derby giocato. A 24 anni è il momento per entrare nel grande palcoscenico del calcio? Macché: è un lampo in una carriera che si avvia verso la discesa. Atalanta, Genoa e Ternana, prima di un ritiro a 29 anni. Si dedica alla riqualificazione di un teatro nella sua Cesena, e alle sue passioni di surfista e dj. L’impressione, da fuori, è che non sarebbe diventato un campione ma avrebbe potuto combinare qualcosa di più, divertendo e facendo divertire i propri tifosi (oltre a chi ha investito miliardate per il suo cartellino). Ma sono le storie come la sua che fanno pensare, davanti ai piccoli fallimenti per la vita, che si può arrivare a giocare un derby come quello di Comandini. E, quando tutto gira bene, a non darsi troppa importanza perché, come Comandini – e come tanti altri – la gloria arriva e fugge via. Come quella carriera ad alti livelli durata, di fatto, lo spazio di undici minuti, tra il primo e il secondo gol.
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