È rischioso dar palla al portiere... volante
Chi va piano va sano anche se – almeno nel mio caso – non va molto lontano, perché il fiato è corto e le gambe di legno. Ma se c’è chi celebra lo slow food, inneggiando al saper cucinare bene contro hamburger e patatine industriali, lo stesso si può fare per la “slow run” – potremmo chiamarla volgarmente “camminata veloce” – che, rispetto ai maratoneti dalla pancia piatta e ritmo veloce, consente di gustarsi con molta calma il panorama circostante.
Chi va piano va sano anche se – almeno nel mio caso – non va molto lontano, perché il fiato è corto e le gambe di legno. Ma se c’è chi celebra lo slow food, inneggiando al saper cucinare bene contro hamburger e patatine industriali, lo stesso si può fare per la “slow run” – potremmo chiamarla volgarmente “camminata veloce” – che, rispetto ai maratoneti dalla pancia piatta e ritmo veloce, consente di gustarsi con molta calma il panorama circostante. E, quando si passa vicino a un campetto da calcio, si può anche assistere a un’azione completa. Ne ho vista una, e ve la racconto. Terreno tipo calcio a 5, pieno di buche che fanno pensare che qui si sia organizzato il raduno annuale delle talpe italiane. Gli atleti – età di circa dieci/dodici anni – sono appena cinque, ossia la metà di quanti ne servirebbero, ma nella loro bellissima inconsapevolezza ignorano il dettaglio: basteranno dieci minuti a sfiancarli. Intanto si parte, tre contro due. Un bimbetto magrolino, dai piedi mediamente più buoni rispetto a quelli dei suoi coetanei, si invola sulla sinistra, tallonato da un marcatore più robusto. Prima o poi il campo finisce, quindi o il magrolino si ferma o dovrà accentrarsi. Sceglie la seconda ipotesi; con una bella finta evita il difensore, che però è uno tosto e riesce comunque a mettersi tra la palla e la porta, impedendo al magrolino di tirare. Quest’ultimo, nei dieci secondi di gioco appena descritti, si è sentito urlare «Passamela, passamela!» almeno quarantasei volte dal proprio portiere che, viste le circostanze, non può che essere portiere volante (ossia può fare gol anche lui: in realtà non cambia nulla rispetto a quanto già previsto nel calcio, ma chiamare il portiere “volante” rende il tutto più simpatico). «Passamela, passamela!». Il magrolino ha due possibilità: provare a saltare di nuovo il difensore – e potrebbe farcela – oppure obbedire al portiere: in tre contro due è più facile far correre gli avversari e trovare lo spiraglio giusto, con un po’ di pazienza. Giusto così. La palla torna indietro, verso la metà campo. Il portiere volante, da distanza improbabile per uno della sua età, e con un compagno smarcato, prova un tiro al volo. Finisce fuori di quindici metri. Il magrolino torna indietro, a passo lento, come un dipendente che, dopo aver terminato un lavoro faticoso, se lo vede rovinare in modo banale dal proprio capo. Così è la vita, talvolta.
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